lunedì 19 marzo 2018

Hellraiser, di Mark Alan Miller: un dovuto Tributo


Kirsty Cotton è in fuga.
In seguito alle disavventure narrate in “Schiavi dell'inferno” e nel primo film di “Hellraiser”, Kirsty ha imparato a camuffare voce e identità, a cambiare passaporto con la facilità di un respiro, eternamente in viaggio. 
Sono infatti passati trent'anni dall'istante in cui lo sfortunato Rory ha spillato sangue nella casa di “Zio” Cotton, permettendo all'anima dannata di reincarnarsi nel mondo reale, con il soccorso mefitico dell'adultera Julia. Dal momento in cui Kirsty ha dischiuso il cubo di Lemarchand, consegnando il recidivo Frank a un insoddisfatto Pinhead, la ragazza ha sempre saputo di aver solo rimandato il suo momento, di aver solo ingannato il tempo prima che i cenobiti la incatenassero alla minaccia/desiderio propria di chi dissigilla il cubo. 
In seguito a una misteriosa lettera di un professore di teologia dove si accenna a un'Apocalisse in arrivo, connessa a Pinhead e al cubo di Lemarchand, Kirsty non ha altra scelta che affrontare il suo nemico nella sua stessa tana: l'Isola del Diavolo, dove secoli prima, il misterioso costruttore di giocattoli architettò la Configurazione dei Lamenti. 
Uno scontro rinviato trent'anni è ora inevitabile...

Immaginate di essere un allenatore
Il vostro pupillo preferito è ormai cresciuto, è divenuto adulto, è un campione dello sport affermato: da tempo, causa una salute instabile, non corre più. Non scende più in campo. Preferisce, a torto o a ragione, dedicarsi ad altri settori, altri sport. 
Dopo alcuni anni, il vostro (ex) allievo vi ricontatta, con la singolare richiesta di allenare un suo scolaro, che giudica promettente. Accettate di buon grado, nel nome dell'amicizia e degli anni passati insieme. Il giovane è volenteroso, di buon cuore, sinceramente interessato a migliorarsi. 
Ma non è il vostro pupillo. 
Non avete più di fronte un genio o un uomo dalla volontà tale da potersi trasformare in un campione, con il duro lavoro e la maniacale attenzione ai dettagli. 
Avete piuttosto un buon allievo, con alcuni sprazzi di inventiva, ma generalmente al di sotto delle aspettative. Uno scolaro, un buon gregario. Un fan, se preferite. 
Senza volerlo comparare ad altezze che non potrà mai raggiungere, decidete di prepararlo per quella fatidica corsa, per quella partita tanto voluta, per quel match di tennis, di calcio, di basket. Grazie a un pizzico di fortuna e tanto sudore e duro lavoro, il vostro allievo conquista una buona posizione. Senza tuttavia vincere. E ancora una volta, vi sorge spontaneo il paragone con chi ve lo aveva raccomandato, con quali vette irraggiungibili il confronto appare dovuto... 
Sostituite, in questa metafora sportiva, le diverse figure protagoniste con gli agenti del mondo dell'editoria, ovvero l'allenatore con il recensore/lettore horror, il campione dello sport con Clive Barker e il suo allievo dalle prestazioni altalenanti con Mark Alan Miller, mentre ovviamente la corsa rappresenta il suo ultimo volume, “Hellraiser: Il Tributo”. 

La novella di Miller ha avuto un parto tanto travagliato da lasciar sospettare un intervento demoniaco, o peggio, la presenza di gemelli (un altro seguito) o trigemini (una trilogia). 
Il conto delle pagine e il risultato finale concludono nell'insieme una storia solida e rapida, da leggersi nell'arco di una serata. 
Il Tributo infatti è una filiazione di una sceneggiatura dello stesso Barker, “Heaven's reply”, scritta nel 2010, per un presunto reboot di Hellraiser mai avvenuto. 
Come la novella di Miller, il plot ruotava attorno all'Isola del Diavolo e alla figura dell'inventore Lemarchand. 
La proposta di Barker venne abbandonata dalla Dimension Film e lo script cadde nel dimenticatoio. 
La saga cinematografica d'altronde ha ormai una cattiva fama non per colpa del suo creatore, ma proprio per la riluttanza a coinvolgere Barker nei film che escono, uno più brutto dell'altro. 
Con un salto nel 2017, Mark Alan Miller, collaboratore di lunga data di Barker e sceneggiatore di tanti fumetti dei cenobiti, ottiene dal maestro l'autorizzazione a riscrivere la sceneggiatura nella forma di una novella (73 pg./120 pg. nell'ed. italiana). 
Hellraiser: Il Tributo – giunto qui in Italia con velocità straordinaria, grazie alla Independent Legions – costituisce così un ponte tra “Schiavi dell'inferno” e i “Vangeli di Sangue”, di Barker. La storia, essendo nata come sceneggiatura, mescola riferimenti tanto alla storia cartacea, quanto all'adattamento filmico diretto da Barker nel 1987. In tal senso è facile confondersi, sebbene generalmente mi sembra che il riferimento rimanga cinematografico, specie nella composizione della famiglia Cotton e nei riferimenti di Pinhead, al “Niente lacrime per favore”, citato da Miller con il “Lui piange”. 
Pertanto Hellraiser: Il Tributo rimane una strana bestia, che si propone come un ponte letterario, a sua volta costruito con mattoni propri della celluloide cinematografica. 

La storia si sviluppa con un incipit piuttosto evocativo, dove viene descritta la storia dell'Isola del Diavolo, riconnettendosi alle origini di Hellraiser. La derivazione dalla sceneggiatura appare evidente, ma il tutto suona eccessivamente come una lenzioncina di storia. Il passaggio del punto di vista onnisciente alla protagonista, Kirsty, accelera il ritmo, con un buon passaggio epistolare rappresentato dalla lettera e il primo vero e proprio incontro con il soprannaturale: 

Non riusciva ancora a distinguere il volto della figura, che stava emergendo dagli alberi secchi, ma non le fu difficile abituarsi al ritmo con cui compariva e spariva di nuovo, e le fu facile cominciare a prevedere il momento in cui sarebbe riapparsa. L'unica certezza era la chiarezza con cui andava ripetendo quella singola parola. 
«CAZZO! CAZZO! CAZZO! CAZZO!»
A ogni singola pronuncia, un sottile filo di luce simile a quello di un fulmine gli usciva dalla bocca, espandendosi e illuminandogli il torso scarno, mentre gli sfuggiva dalle labbra. 
«CAZZO! CAZZO! CAZZO!», gridò. 
La velocità con cui si stava avvicinando a Kirsty e il volume della voce le resero molto difficile resistere all'impulso di fuggire prima che le arrivasse davanti, ma alla fine della strada, proprio sotto l'ultimo dei sicomori che le fiancheggiavano, lei restò ferma ad attenderlo. Il Corridore sembrò subito intimidito dal suo gesto, e si bloccò. 

Un demone, certo, ma un demone barkeriano: surreale e angosciante, proprio più di un quadro che di un film horror di serie B. Ho solo parzialmente citato la scena, ma l'intuizione dei fulmini e la comparsa improvvisa dell'essere scombussolano una narrazione finora (troppo) tranquilla. 
Miller inserisce, di tanto in tanto, passaggi simili, sia nel dialogo, che nell'azione: indovinate scene weird pienamente nella tradizione barkeriana. Citando nuovamente la metafora sportiva, sono scatti, sprint all'ultimo momento di un maratoneta altrimenti nella norma. 
La novella inoltre si legge con la facilità di una graphic novel, nel senso che le descrizioni e l'agire dei personaggi facilmente si traspongono nella mente del lettore. Una considerazione ovvia, se si considera il variegato pedigree come scrittore di fumetti dell'autore. 

Mark Alan Miller pertanto corre e allenato da un esteso background nel campo dell'horror, corre bene, supera i concorrenti, punta alla medaglia d'oro. Se in alcuni punti del percorso ha inaspettati sprint di agilità, in altri i legamenti cedono, i crampi colpiscono le gambe e in generale le giunture narrative di questa novella si disintegrano. La brevità del Tributo fa sì che non pesino sul giudizio complessivo, ma non si può tacere i tanti deus ex machina. La scusante con la quale mandare Kirsty sull'isola è debole, mentre la risoluzione dello scontro con Pinhead è prevedibile, ma non per questo meno banale, meno inverosimile. La trama, nella necessità di incastrarsi tra le opere precedenti e nel contempo rielaborare il materiale filmico di Barker, inciampa e zoppica. 


Pinhead qui anticipa il mutamento che si realizzerà appieno nei Vangeli di Sangue: umano, troppo umano, per essere una creatura da un'altra dimensione, consumata dalla rabbia e dal desiderio di potere. Kirsty avverte bene un indefinito cambiamento, una stanchezza del cenobita fino ad allora impensabile. 
I monologhi e i duetti tra la protagonista e il mostro rimangono notevoli, tra i tanti esempi: 

«E se Lui piange per le tue sofferenze, perché non le guarisce? », continuò l'Uomo Freddo. «E se Lui desidera che tu non sia così debole e preda delle tentazioni, perché non ti dà la forza di resistere? E se Lui ti sente piangere, perché resta in silenzio?» 
Le posò il palmo della mano sulla nuca, vicino al collo. Kirsty avvertì un fiore spinato di ghiaccio sbocciarle sulla schiena. Cominciò a battere i denti. Il cuore le martellava contro la gabbia toracica come se stesse cercando di scappare dal corpo, ancora sconvolto dal tocco dell'Uomo Freddo. Desiderò di potersi allontanare da quel luogo, di essere al sicuro da quel demone, di avere la possibilità di ricordare qualcosa di diverso dal terrore. La sua mente si ritrasse. Il tempo divenne una menzogna, cantando un'elegia. Ma l'odore... oh, Dio, quell'odore. La riportò indietro dalle profondità del suo inconscio. Spezzò il suo rifugio glaciale, risvegliandole di nuovo la mente. 

Assente Harry D'Amour, che pure gioca un ruolo da protagonista nei Vangeli di Sangue. La storia ovviamente ruota attorno a Kirsty, pertanto il sardonico investigatore non avrebbe alcun senso: tuttavia mi chiedo se questo apra uno spiraglio per un eventuale sequel al Tributo. 
Barker è senza dubbio occupato in altro, con la saga di Abarat che deve essere completata, costi quel che costi. Tuttavia un'altra storia scritta da Miller... Non sarebbe così impossibile. Ovviamente sono mie illazioni, ma la conclusione del Tributo lascia ampio spazio per futuri sviluppi. 

La cura dimostrata nell'edizione di questa nuova novella è un gradito cambiamento rispetto agli errori, alla mancata formattazione e in generale allo sciatto layout che va di moda oggigiorno. Mentre lo stile di scrittura di Miller è piuttosto impalpabile, tranne che per i citati guizzi d'inventiva, i diversi capitoli presentano una serie di disegni di Barker che aiutano non poco a stabilire l'atmosfera. 

In ultima analisi Hellraiser: Il Tributo è una novella horror obbligata per i fan della saga, che ha il suo principale difetto nell'inevitabile paragone con il gigante che la precede, ovvero Clive Barker. 
Se la giudichiamo come la storia di uno sceneggiatore di fumetti quale Mark Alan Miller, senza obbligarla a standard irraggiungibili, risulta un'onesta storia horror, con inaspettati punti d'eccellenza.

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