lunedì 13 novembre 2017

Vangeli di Sangue, di Clive Barker: Pinhead, addio!


Profondissima notte. 
Una congrega di maghi in circolo. 
Un pericoloso rituale. 
Obiettivo: richiamare dai morti Ragowski, il loro più illustre rappresentante. Come tanti altri, lo stregone è stato barbaramente ucciso, mutilato: uno a uno i signori dell'occulto stanno svanendo dal mondo, eliminati da un nemico invisibile. Il cadavere di Ragowski ha appena il tempo d'insultarli, di sottolineare come siano condannati irrimediabilmente prima che il killer di maghi compaia sulla scena: è il Cenobita più celebre, più temuto, Pinhead in persona. Senza essere richiamato dalla scatola, senza avvertimento, the Hell Priest è giunto per suo conto, animato da fini inconfessabili.
Il massacro che segue vede un unico sopravvissuto, il mago Felixson, che accetta di diventare una marionetta di carne, uno schiavo, ai servigi di Pinhead.

Intanto, a New Orleans, un invecchiato Harry D'Amour (43) accetta di aiutare una sua amica, Norma, un'anziana non vedente che può parlare coi morti. La donna ha ricevuto una richiesta di aiuto da un'anima in pena: la villa di un uomo appena defunto, che dovrebbe nascondere alcuni pericolosi oggetti e libri dell'occulto, che l'uomo sperava di eliminare prima della improvvisa morte. 
Il detective tuttavia a stento sfugge dalla morte quando la villa si rivela una trappola di Pinhead per eliminarlo: in qualche modo, il Sacerdote Infernale sa bene che Harry è un ostacolo ai suoi piani.

Sul punto di rimetterci la pelle – letteralmente, perchè D'Amour vanta tatuaggi protettivi su tutto il corpo – il detective scopre che il Cenobita ha cambiato idea sul suo conto e preferisce lasciarlo vivo in modo che scriva le sue memorie. Nel frattempo apre un portale dimensionale e rapisce Norma, obbligando Harry D'Amour e i suoi amici, una combriccola di artisti, furfanti e professionisti dell'occulto, a seguirlo all'Inferno.

Non è più tempo di Dante e di circoli in terzine: l'Inferno di Barker è nel caos, una landa anarchica e selvaggia, governata da un'aristocrazia feudale di demoni alla Wayne Barlowe. Lucifero è scomparso da tempo immemorabile, niente più che un bau bau in una landa di mostri. In questo scenario senza centri di potere, l'ambizioso Pinhead vuole usare la magia degli umani per conquistare il predominio e sfidare Lucifero stesso...

Vendere libri è un affare terrorizzante. 
No, really. La scorsa settimana ero in libreria per comprare “Jerusalem”, di Alan Moore (attualmente in lettura) e diamine, what a mess. Le vendite e le code alla cassa seguivano una curva sinusoide impazzita, non c'era letteralmente logica nei romanzi e nei saggi che vedevo comprare. Autori eccellenti giacevano su scaffali immacolati, pattume merdoso degno dei più profondi circoli infernali andava esaurito senza sosta. Guardavo i clienti affaccendarsi in fila e non c'era un singolo filo rosso che motivasse le loro compere. Un bot di Twitter avrebbe compiuto acquisti più sensati. Questo mi ha confermato ancora una volta la profonda irrazionalità dell'intero mercato librario: ci si può sforzare di indirizzare i lettori verso un aspirante bestseller, ma alla fin fine è tutto un giro di scommesse; alcuni scrittori eccellenti sono destinati all'oscurità fino alla morte, altri – del tutto immeritatamente, magari alla prima pubblicazione – fanno scattare qualcosa nei lettori che li porta a vendere milioni. 
Ovviamente ci si può comportare come in Italia, scommettendo a caso sui titoli che seguono le mode del momento o al contrario ci si può sforzare di allineare i moti della fortuna a proprio favore. 
Con un buon editing, con il rispetto per i propri lettori, con politiche di prezzi accessibili... va da sé che più il parco lettori è ristretto, come in Italia, più il gioco si fa pericoloso e il broker/editore rischia maggiormente.


Clive Barker è stato fortunato sotto un certa prospettiva, sfortunatissimo sotto altre. 
Stephen King, generoso come sempre con i colleghi che reputa validi, già negli anni '80 conferiva un formidabile imprimatur a Barker: senza i suoi consigli i Libri di Sangue non avrebbero venduto altrettanto.
In un periodo di volumi colossali, di vendite solo cartacee e di generale predominio dell'horror slasher, Barker confezionava e vendeva con successo una catena di antologie di racconti. Storie brevi, brevissime in alcuni casi. Dal carattere splatterpunk, ma anche innegabilmente romantiche. Appena negli anni '90 Barker ha dovuto arrendersi al romanzo e di per sé aver venduto con successo per un intero decennio solo e soltanto antologie di racconti è un risultato notevole. Dall'altro, negli ultimi anni Barker ha confessato che in quello stesso decennio di fama, non vendeva a sufficienza nemmeno per pagare affitto e vivande: almeno fino al successo del primo Hellraiser, Barker ha dovuto prostituirsi per pagare i debiti accumulati. Il che spiegherebbe alcuni realistici dettagli dei protagonisti/e di alcuni suoi racconti.
Dall'uscita dei primi due film, Barker aveva finalmente conquistato una popolarità sufficiente da garantire le vendite necessarie – un risultato attribuibile all'icona di Pinhead, che ha svolto per gli anni '90 un ruolo paragonabile al Freddy Krueger per gli anni '80. Tuttavia, anche in quest'ambito, il Cenobita non è minimamente paragonabile a Freddy: con il declino dell'horror scatenatosi con i film di Michael Bay negli anni '90, la fama di Pinhead rimane underground. Chi non è familiare con l'horror conoscerà a grandi linee la trama di Nightmare, ma difficilmente avrà sentito parlare di Hellraiser. Forse per merito/demerito di non aver ricevuto remake posticci a inizio '2000. 
La lunga fama di Barker maturata dall'ultimo quarto del novecento non deve di conseguenza ingannarci sulla sua natura di scrittore di nicchia: gigantesca quanto volete, una caverna più che una nicchia, ma pur sempre limitata.

I “Vangeli di Sangue” completano finalmente l'odissea letteraria e cinematografica di Pinhead, esordita con gli “Schiavi dell'Inferno”: the Hell Priest è svelato in quest'ultimo romanzo nel suo essere “alieno”, tanto astratto dai sentimenti, quanto alla fine “umano, troppo umano”.
Il romanzo è infatti diviso in due parti, rispettivamente un lungo antefatto ambientato sulla Terra e una seconda parte interamente ambientata all'Inferno. Il primo libro si muove su terreni familiari a Barker, mentre il secondo presenta una narrazione e un gusto per le descrizioni nemmeno più horror, quanto dark fantasy: il fascino delle invenzioni fantastiche di Barker sopravanza qualsiasi paura del lettore. Si è fascinati, non terrorizzati.
Le due divisioni del romanzo si riflettono speculari nei due punti di vista, del detective e del Cenobita. Nel primo caso siamo addentro alla mente sardonica di Harry D'Amour, nel secondo Barker preferisce guardare Pinhead dall'esterno. Di tanto in tanto percepiamo cosa pensa, cosa riflette, ma lo scrittore saggiamente mantiene una certa distanza dalla creatura. Questo non vieta definire i “Vangeli di Sangue” forse il romanzo dove il Cenobita è più in assoluto “umano” che in tutte le altre opere precedenti. A partire dall'antefatto svelato dalla sinossi – un'ambizione del Sacerdote Infernale umanissima, un voler dominare sull'Ade che svela un'influenza dagli umani che tanto disprezza.
I due differenti Pov hanno entrambi punti di forza e difetti. Nel primo caso, Harry serve per dare al lettore un appiglio sicuro, un approdo confortante dopo le inumane pagine del Cenobita; tuttavia l'umorismo è forzato e i capitoli dedicati a D'Amour nella prima parte non sembrano veramente connessi con Pinhead. Suonano come due note discordanti, due storie separate; al contrario nella seconda parte, all'Inferno, il ruolo di testimone di Harry è perfettamente inserito nell'epica del Sacerdote Infernale.



Ho sempre associato Clive Barker a un genere di horror paradossalmente molto “terreno”, nel senso che l'elemento soprannaturale agisce sulla carne del protagonista, senza che l'anima, lo spirito o altre sciocchezze giochino un ruolo fondamentale. Mente e corpo per Barker costituiscono un tutt'uno. L'estetica a cui ho sempre associato i film e le opere di Barker non è tanto lo splatter, quanto un grundge sporco, molto punk: i suoi personaggi sono umani, nel senso che sono luridi, sporchi, niente più che sacchi di sangue che camminano e pensano. Nel contempo quest'attenzione al corpo si rovescia nell'amore per lo stesso: la meraviglia non deriva dal superamento della carne, ma dalla realizzazione che quello stesso involucro di budella e viscere è capace di creare arte nel senso più alto del termine. Non a discapito del proprio corpo, ma proprio grazie alle sue basse origini, al suo essere carne&sangue.
I “Vangeli di Sangue” è un romanzo peculiare, perchè specie dalla seconda parte abbandona l'estetica grundge per un ritmo epico, che mi ha ricordato un album di power metal. La sfida di Pinhead all'inferno, gli scontri con i demoni e i dannati e la battaglia finale: capitoli di un fantasy battagliero, un'Iliade infernale.

L'opera di worldbuilding svolta da Barker è assolutamente superba, tanto complessa quanto evocativa. Se lo stile di scrittura tentenna nelle prime pagine, nel passaggio all'Inferno Barker svela una cura per le parole, le descrizioni e i dettagli semplicemente divina (no pun intended).
Lo sforzo di rappresentazione è tale da spingere Barker a forme di narrazione onnisciente, ma anche così il titanismo di alcune scene merita una rilettura, più e più volte.
Si veda ad esempio la descrizione della fortezza dei Cenobiti:

Il Monastero dell'Ordine Cenobitico era un complesso dalle mura spesse, costruito settecentomila anni prima su una collina di pietra e cemento edificata dai dannati. C'era un solo passaggio per entrare, una stretta scalinata controllata dalle guardie del monastero. Era stato costruito in un periodo che preludeva a una guerra civile, in cui fazioni opposte di demoni non facevano che scontrarsi. Il capo dell'Ordine Cenobitico, la cui identità era nota soltanto agli otto che l'avevano eletto, tra le loro stesse fila, per quell'Alto Incarico, aveva deciso che, per il bene dell'Ordine, avrebbe utilizzato una minuscola parte delle vaste ricchezze da loro accumulate per costruire un rifugio-fortezza in cui i suoi sacerdoti e sacerdotesse sarebbero stati al sicuro dalla volubile politica infernale. La fortezza era stata costruita con il massimo rigore, e le sue mura lucide e grigie erano impossibili da scalare.
Con il passare degli anni, mentre i Cenobiti si facevano vedere sempre meno per le strade della città ideata e costruita da Lucifero (una città che alcuni chiamavano Pandemonium, ma che il suo architetto aveva battezzato Pyratha), le storie che si raccontavano su quanto avveniva dietro alle lisce e oscure pareti della loro fortezza si erano moltiplicate, e gli innumerevoli demoni e dannati che guardavano nella loro direzione avevano tutti il loro racconto preferito riguardo agli eccessi dei suoi occupanti. Tra il monastero e la più grande città infernale, Pyratha, si trovava la vasta baraccopoli nota come Fossa di Fike, dove i dannati che lavoravano nelle magioni, nei templi e nelle strade si ritiravano a dormire, a mangiare e sì, anche a copulare (e, se erano fortunati, a produrre un infante o due da vendere al macello, senza tante domande).

Questo non è worldbuilding, è Hellbuilding!

Proseguendo nella lettura, l'Inferno di Barker assume connotati sempre più surreali e bizzarri, un vero tour de force nel grottesco. Mi piacerebbe definirlo “lovecraftiano”, ma l'aggettivo è ormai abusato. Certamente nel primo libro del romanzo c'è una citazione di Lovecraft, dall'“Idiota! Warren è morto!” de “La Dichiarazione di Randolph Carter” (1920):

«Im-impossibile», aveva balbettato lui col mento che gli tremava.
«Warren, giusto?», aveva continuato Norma.
«No. Non può essere. Warren è morto».
«Ma certo che lo è », aveva commentato lei. «E' per questo che sono qui».
Il dottore era rimasto profondamente sconvolto da quel passaggio logico.
«Parla con i morti, ecco cosa sta dicendo, dottore. », era intervenuto Harry.

I compagni che seguono Harry D'Amour nell'avventura infernale sono stereotipati, ma nell'insieme risultano simpatici. Barker si limita a riunire in un unico personaggio quante più eccentricità possibili, tenendole assieme con la colla di un umorismo sardonico e scurrile. 
Sono cartonati, non studi di psicologia; ma divertono e parecchio. Norma, ad esempio, è una vecchia (1), non vedente (2), ma combattiva (3), afro americana (4), con poteri paranormali (5).
Un'altra caratteristica apprezzabile è la disinvoltura non tanto di Harry quanto dei suoi amici; per essere in capo all'Inferno e in fuga dai demoni, mantengono un umorismo irresistibile. Mentre Hollywood continua a sfornare drammoni dove personaggi ai margini finiscono suicidi o vivono vite assolutamente infelici, Barker preferisce presentare uomini e donne a loro agio con le rispettive sessualità, disinibiti e finalmente con dell'umorismo. E' una boccata d'aria fresca.
Considerate film come “The Imitation Game” con Benedict Cumberbatch nei panni di Alan Turing, o il recente “The Danish Girl” con Eddie Redmayne nel ruolo di Lili Elbe. Mai che capiti che il/la protagonista rida, si diverta o presenti una conclusione felice; questo nonostante sia noto che Turing non era affatto un melanconico depresso, ma piuttosto un uomo con un certo humor, niente affatto astratto dalla vita. Barker è troppo intelligente per ricadere in queste storielle drammatiche e si diverte invece a tratteggiare diavoli di personaggi assolutamente fuori dalle righe.

Purtroppo il romanzo risente della sua lunga gestazione, che ne compromette lo stile di scrittura. Specie nel primo libro, le ripetizioni, così come gli avverbi e le descrizioni astratte abbondano.
Il romanzo era stato concepito come un'opera monumentale, ma la necessità di trovare un editore l'ha ristretto a un sempre minore numero di pagine. Chiaramente le descrizioni sono talmente lunghe, talmente particolareggiate che erano destinate a un'opera molto più ambiziosa di questo volume; mentre al contrario i raccordi tra una scena e l'altra, così come molti dei capitoli dedicati a Harry D'Amour, sono scritti sbrigativamente. Sia all'interno dei singoli capitoli, che nei paragrafi a metà pagina un lettore attento sa distinguere frasi scritte prima e scritte dopo; rattoppi&tagli.
Come i suoi mostri, gli Scarlet Gospels devono aver fatto sputare sangue al povero Barker. Mentre i romanzi precedenti procedevano senza intoppi, i Vangeli di Sangue vengono pubblicati dopo decenni di assenza: è una scrittura poco controllata, a tratti ingenua.
Scene e descrizioni che reputo tra le migliori mai lette cedono il passo a deludenti divagazioni, a espressioni banali. Non so cosa darei per mettere le mani sulla director's cut, sulla prima stesura del romanzo, ammesso sia mai esistita. Si consideri a ogni modo come il romanzo abbia attraversato un periodo della vita di Barker dove ha perso il figlio adottato, entrambi i genitori e dove ha sofferto un coma di 7 giorni, polipi in gola a causa del fumo di sigaro e una serie di destabilizzanti problemi di salute. Si tratta di un romanzo che reca le stigmate di lunghi e sofferti anni di assenza.

Hellraiser. The Test, in Hellraiser Anthology Volume Two, in Heavy Metal Magazine 288
I discorsi sullo stile, i personaggi e le descrizioni non devono tuttavia ingannare il lettore: si tratta di un romanzo a ogni modo horror – “dark fantasy” con un'estetica metal nella mia definizione – ma horror nonethless. I “Vangeli di Sangue” disgusta e oggigiorno, tra film e serie tv, disgustare con le parole e non le immagini è un conseguimento degno di ammirazione.
Un'intervista di Grantland esplicitava perfettamente quest'aspetto:

Sono felice d'informare che c'è stato un momento ne I Vangeli di Sangue che è stato così disgustoso che ho dovuto chiudere fisicamente il libro. Sei ancora capace di spaventare!

E' per me veramente difficile avere un senso di cosa è e di cosa non è disgustoso. Sono rimasto impegnato in questo lavoro di disgustare le persone per così tanto tempo che è per me difficile avere un'idea di cosa sia accettabile, o inaccettabile, quando si tratta dell'argomento. Una scena ti ha fatto metter giù il libro? Hei, questo è un po' un trionfo! Sono genuinamente sorpreso. Non pensavo a questo libro come a qualcosa di particolarmente disgustoso o eccessivo.
Ma chiaramente mi sbagliavo, perchè tante persone si sono lamentate – anzi, non lamentate, hanno osservato – questa stessa cosa.

Come osserva il blog Midian, la prima scena del romanzo sembra costruita per assaltare e distruggere il lettore, uno sbarramento d'artiglieria horror che fa impallidire i loro equivalenti cinematografici. Raramente leggevo qualcosa d'altrettanto particolareggiato e brutale.

Sarà interessante, a marzo 2018, confrontare “I Vangeli di Sangue” di Clive Barker con lo spin off curato dalla sua “longa manus” (def. di Alessandro Manzetti) ovvero Mark Alan Miller, in “Hellraiser: The Toll”. 
Se all'inizio ero scettico, devo dire che la Independent Legions si sta rivelando un'autentica macchina di pubblicazioni: ritmi serrati, traduzioni buone e ampie scelte editoriali, dall'ebook al cartaceo, all'edizione speciale. Occorre supportarli, perché a mia conoscenza sono gli unici che cercano disperatamente di “staccare” l'horror nostrano dai “soliti” classici (l'ennesima ristampa di Poe; di Lovecraft; di Howard; di “inserire autore anni '30”).
  

1 commento:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Ancora una volta ti faccio un applauso per un altro post titanico.
Mi dispiace che non conosco molto su Pinhead, primo film a parte.