mercoledì 23 novembre 2016

No, Sapkowski non odia i videogiochi


La polemica contro Sapkowski come ingrato hater dei videogiochi non è nuova. Già qualche anno fa, Sapkowski veniva assalito da diversi giornalisti per il suo tono condiscendente verso i videogiochi tratti dalla saga dello witcher. In effetti, gran parte delle sue interviste tendono a devalutare sia quanto scrive, che lo stesso mestiere di scrittore fantasy. Una certa umiltà e un certo trollaggio verso alcune domande l'hanno reso inviso a chi vorrebbe avere l'ennesimo bellimbusto pronto a cavalcare l'onda di un successo inaspettato:
Chiariamo una cosa: non condanno niente o nessuno.
Sono uno scrittore, non un predicatore o un commentatore sociale.
(Intervista SugarPulp)

Sapkowski ha sempre dichiarato di scrivere per divertimento e passione personale, di aver scelto di dare una sessualità ai suoi personaggi non perchè pruriginoso, ma per aumentare il realismo, e di non usare assolutamente alcun sottotesto. Scrive quello che scrive: non c'è da cercare altro. Affermazioni esagerate, ma certamente preferibili all'attuale moda di chi vorrebbe fare lo scrittore senza scrivere, volendo del “mestiere” avere solo l'atteggiamento esteriore.
Che consigli daresti a un aspirante autore di romanzi fantasy?Fai qualcosa di utile... qualcosa come il meccanico. Cambia professione!
(Intervista MangiaLibri)

A ottobre e di recente nuovamente su Orgoglio Nerd, la polemica è rispuntata: Sapkowski, stando alle disinformate e orribilmente tradotte dichiarazioni dei giornali, avrebbe addirittura insultato gli sceneggiatori dello Witcher 3, spargendo letame su tutti, developer e giocatori.

Ovviamente, la notizia era falsa. E lo ripeto, nel caso vi sia sfuggito: la notizia è falsa. Non è
Sapkowski ACCETTA le opinioni di tutti^^
imprecisa, o esagerata, è inventata a tavolino. Chiunque la citi e la condivida come vera, come ha fatto Orgoglio Nerd, sta mentendo ai suoi lettori. Non un bel comportamento, che spero un semplice errore senza malafede. La pagina Facebook di Witcher Italia ha riportato la notizia con maggiore professionalità, linkando invece una fonte affidabile, ovvero la traduzione dall'originale polacco di cosa davvero avesse detto Sapkowski. Considerando che nessun'altro l'ha fatto, ho deciso di tradurla dall'inglese all'italiano, sperando così di dimostrarvi che no, Sapkowski non odia i videogiochi, semplicemente non gli interessano. E quanto al suo disprezzo verso i tie-in dai videogiochi, mi dispiace dirlo, ha perfettamente ragione: si tratta, molto banalmente, di una questione di reputazione professionale.

Si può criticare Sapkowski per molte cose, dalla scrittura legnosa, all'atteggiamento scontroso, a un modo di fare all'antica. Certamente però non è una persona che sputi nel piatto in cui mangia, ecco. Per altro era un autore famoso nell'Europa dell'Est già prima dell'avvento dei videogiochi, per tutti gli anni '90. In molte interviste racconta di come l'avvicinamento (momentaneo) della Polonia alla Russia abbia permesso di vendere le sue opere in russo, rendendolo oltremodo conosciuto, ben prima di The Witcher 1. E in barba chi vorrebbe essere famoso a diciassette anni, è diventato uno scrittore affermato a quaranta: una delle vere bellezze del saper scrivere è come sia trans generazionale, senza limitarsi ai “giovani”, nonostante gli strenui sforzi dell'editoria “chic” degli ultimi anni, qui e oltreoceano.

Come ultimo dettaglio, Sapkowski è diventato famoso grazie ai videogiochi, ma non è ricco: anzi, più volte ha confessato di riuscire a pagare le bollette e a vivere da “benestante” a malapena. Gran parte degli incassi gli vengono presi come un aspirapolvere dagli intermediari, che siano i publisher, gli editori, i “big” dei videogiochi e della stampa. Un altro motivo per cui accanirsi contro la pirateria come il motivo della povertà degli scrittori è in ultima analisi stupido, se la causa sono invece le fette gigantesche che vengono rubate dalle aziende al creatore.
"Ciri" dalla pagina Facebook di The Witcher (eddiedoingstuff e Fotografel)
Caldamente consigliata, ovviamente, la traduzione originale. Mi sono preso un paio di libertà con il termine “videogame” per evitare di ripetere troppe volte “gioco”.
Marcin Zwierzchowski: Da una prospettiva temporale, qual'è il tuo atteggiamento verso i videogiochi dello Witcher? Recentemente hai sottolineato quanto danno abbia causato il lavoro dei CD Projekt ai tuoi libri.

Non posso dire molto sul gioco in sé, perchè non lo conosco, non gioco ai videogames. Il successo e le vendite parlano da sé, tuttavia; se fosse stato un videogioco debole, non avrebbe avuto un simile successo. Un paio di publishers hanno messo delle immagini del gioco sulle copertine dei miei libri. Molti lettori di conseguenza hanno associato i libri con l'essere collegati al gioco, scritti per il gioco stesso. C'è un assortimento di libri simili sul mercato di Fantasy&Fantascienza. Vedendo un'immagine del gioco sulla copertina del mio libro, molti fan (del gioco) hanno dato per scontato che il videogioco sia venuto prima. E i fan rispettabili della fantascienza e del fantasy tengono libri del genere in disprezzo e non li comprano, perchè – in primo luogo – sono derivativi e poco originali. In secondo luogo – sono completamente irrilevanti per coloro che non giocano ai videogiochi, e che tra queste persone costituiscono la maggior parte dei fan.

Non aiuta il fatto che i libri per i videogiochi siano alcune volte scritti da “giganti” della scrittura, come ad esempio Mike Resnick (Tomb Raider), Alan Dean Foster (Shadow Keep), Greg Bear (Halo) o Brandon Sanderson (Infinity Blade). La reazione dai fan è stata chiarissima: i grandi scrittori scrivono di roba per i videogiochi esclusivamente per i soldi. E sicuramente scrivono in un modo sciatto, senza cuore, così che uno possa passarci sopra, lasciare che siano i giocatori a leggerli. Non è affatto bello quando alle fiere di libri o alle Convention, i fan prendono i miei libri in mano, guardano le copertine e li rimettono a posto con disprezzo. Roba da videogioco. Videogiochi che non ci interessano, preferiremmo prendere qualcosa di originale, un nuovo Abercrombie, Aaronovitch, o un Tregillis.

E' da un bel po' di tempo che sono impegnato molto vivacemente a combattere l'abitudine di usare contenuti visivi del gioco sulle mie copertine e proibisco ai miei publishers di farlo. Dovunque posso – negli Usa, ad esempio, non posso. Sulla copertina americana per Il tempo della guerra (The Time of Contempt) abbiamo lo strigo/witcher preso dritto dal gioco che combatte un verme della sabbia preso da Dune. E ho dovuto continuare a spiegare ai fan che ho scritto il libro dodici anni fa, prima che il gioco sia stato fatto e che il verme è dal gioco, non dai libri. Non potreste trovare un verme della sabbia nei miei libri nemmeno se ci provaste.

Secondo una citazione da Polcon (la più grande Convention annuale polacca), hai anche detto: "Conosco un paio di persone, che hanno giocato al videogame. Io preferisco stare tra gente intelligente". Sono queste le parole che hanno causato la maggiore reazione.

(eliminando una parte della risposta incentrata sulla cultura pop polacca, e che sarebbe stata difficile da tradurre. Sapkowski si riferiva a due comici, che avevano detto cose molto più dure e non avevano ricevuto nessuna critica)
Dirò solo che era a una Convention e che gli incontri a queste fiere seguono la regola che devi dare spettacolo e che su quella base un sacco di cose vengono fatte passare, inclusi scherzi che sono ben lontani dal sottile. Finisci per fare un sacco di cose per divertire il tuo pubblico. E quella volta il pubblico era molto divertito, c'erano parecchie risate. E se a qualcuno questo non piace, perchè venire? Per andare a caccia di scalpore e pubblicare articoli infuriati sul web? Per avere “tanto rumore per nulla/ a storm in a teacup”?
Non so nemmeno perchè sto dicendo questo, non convincerò nessuno comunque, è una malattia incurabile, conosciuta alla medicina come “cronica mancanza di senso dell'umorismo”, che ultimamente sta causando sempre più vittime...
Aggiungerò anche, ultimo ma non per importanza, l'incontrovertibile fatto che personalmente non conosco nessuno che giochi ai videogames. Questa è la verità. E non puoi nascondere la verità.
In effetti, quanto vedo qui, non è tanto un conflitto del libro contro il gioco, ma il tuo dispiacere per il fatto che si sia verificata una certa sproporzione e che il lavoro tratto dai tuoi romanzi in qualche modo sottragga l'attenzione dalla fonte principale. Ma hai anche detto che il gioco ha approfittato della tua popolarità, non che tu ti sei avvantaggiato della popolarità del gioco. Ma non è la situazione un po' diversa? Perchè sia i CD Projekt hanno costruito sulla reputazione dei libri, sia i libri stessi hanno approfittato che all'improvviso Geralt, attraverso i giochi, avesse raggiunto milioni di persone in tutto il mondo.

Allora, la logica vuole che i libri abbiano aiutato i giochi tanto quanto i giochi hanno aiutato i libri, la misura precisa delle proporzioni non ha molto senso giunti a questo punto. Anche se col senno di poi vedo molti più lettori acquistare il gioco, piuttosto che i giocatori leggerei i libri. E mi permetterò anche di aggiungere che i miei libri sono stati pubblicati in 23 stati, fino a questo momento. Pensi davvero che i “grandi” publishers delle case editrici siano stati ispirati dai videogiochi per computer e dalle vendite sul mercato videoludico? Perchè non penso sia così.

Non vorrei dare la sensazione che ci sia una qualche forma di antagonismo tra me e il gioco. I problemi per cui devo ringraziare il videogioco, e che ho dettagliatamente – lo spero – spiegato nella risposta alla prima domanda, non sono per niente causati dal gioco stesso. Paradossalmente, è stata l'alta qualità della grafica del gioco che ha ispirato i miei editori ad adattarla per le copertine.

Come ultima cosa – non sono invidioso dell'innegabile successo del gioco. Lontano dall'esserlo. E non sono nemmeno spaventato che il gioco possa, come hai detto, “sottrarre l'attenzione”, che mi faccia passare in secondo piano. Perchè non è semplicemente possibile. Il mio witcher dei libri è l'unico vero e originale, tutti gli adattamenti sono semplicemente degli adattamenti, più o meno di successo, che soffrono di tutte le caratteristiche negative dell'essere un adattamento. Non può esserci che uno e un solo witcher. E quello mi appartiene. E niente me lo potrà togliere.
Quando ti hanno chiesto su altri libri in futuro, hai detto qualcosa di questo genere: "E' molto probabile, perchè i conti non si pagano da soli". Ci sono piani, o forse c'è un lavoro in corso su un nuovo libro, una nuova storia? 

Ovviamente ci sono piani in futuro e naturalmente c'è del lavoro in corso – ma non ne parlerò nemmeno qui su cosa sia, o a quale punto siano i lavori. Avrete d'aspettare.  

2 commenti:

LorenzoD ha detto...

Povero Sapkowski. Se non gli interessano i videogiochi tratti dai suoi libri, lo si accusa di odiare i videogiochi. Se dice qualche parola positiva su di loro, lo si accusa di pensare solo ai soldi.
Come se ci fosse qualcosa di male a non essere interessati ai videogiochi – se scrive, ci scommetto che non ha tempo per giocarci! Che poi tutto questo “bailamme” riguarda solo i videogiochi. Non un parola da tutti questi “supposti” nerd sulla serie televisiva o sulla serie a fumetti. Forse perché non ci sono polemiche da fare.

D’altra parte le trasposizioni da un media all’altro, soprattutto se coinvolgono videogiochi, sono sempre viste come bieco strumento per fare soldi. E spesso lo sono. Ma ormai ci sono molti esempi di come si possa usare questa “transmedialità” per raccontare meglio una storia.
Io riporto sempre l’esempio di quello che sono riusciti a fare con “Picnic sul ciglio della strada” dei fratelli Strugacki, che è stato adattato a: film (di Tarkovski, bada bene), videogiochi, libri (una serie di 45 romanzi, dicono best seller in Russia) e forse una serie televisiva. E ogni volta mettendo qualcosa di nuovo nel piatto.

Come per i videogiochi di the Witcher: non sono proprio una trasposizione, raccontano altre storie ambientate nello stesso universo narrativo, alcuni anni nel futuro rispetto ai romanzi. Sotto certi aspetti sono fan fiction autorizzate a diventare prodotti commerciali.

Coscienza ha detto...

@LorenzoD

Esiste una serie tv sullo Witcher? O è stata appena annunciata?
Conoscevo il film polacco a inizio '2000, anche se non è esattamente quanto merita il nostro povero strigo...

I fumetti sono davvero brutti, mancano di quel genere di complessità psicologica e sfumature morali che veniva così bene trasposta dai videogiochi.

Con buona pace di Sapkowski, in realtà penso che sia inevitabile una certa forzatura, quando si passa da un medium all'altro: un regista, ad esempio, dovrebbe in primo luogo preoccuparsi di rendere "propria" l'opera, cercando di trasmetterla come meglio richiede un film, invece di preoccuparsi troppo che sia "fedele" alla fonte. I due perfetti esempi in tal campo, sono Shining, notevolmente diverso dal romanzo e infinitamente migliore, e Watchmen, pari paro alla graphic novel e scialbo all'inverosimile.

Quindi sì, in un certo senso ha ragione Sapkowski: il suo witcher è l'unico originale e non glielo possono "portar via", perchè sempre diverso dall'adattamento videoludico, che ha un "altro" Geralt (non per forza migliore, o peggiore).