venerdì 22 aprile 2016

La Notte selvaggia di Jim Thompson


E' difficile giudicare il carattere di una persona online, tanto più di uno scrittore e di un colosso quale Ramsey Campbell. Tuttavia, dalle interviste, agli interventi, ai video Ramsey Campbell comunica immancabilmente un'impressione positiva, di un uomo esperto, garbato, sempre disposto ad aiutare un collega o un appassionato. L'unico suo libro che ho letto, La bambola che divorò sua madre, risale ai primi anni delle superiori, non ho idea pertanto della sua qualità come scrittore. E non so nemmeno se sia davvero “friendly”, o se questo genere di collaborazione (rispondere alle email, accettare interviste anche da siti e blog di appassionati, senza distinzione) sia normale usciti dall'arcadia snob italiana.

Certamente, dando un'occhiata sui siti lovecraftiani/gotici che frequento lo vedo spesso intervistato, o coautore di articoli e consigli. Notte selvaggia, di Jim Thompson è uno dei volumi consigliati in una classifica di tredici romanzi dell'orrore che ha scritto per Horror Novel Reviews. Alcuni titoli non li avevo mai sentiti, altri non li consideravo orrore (Beckett), altri ancora sono disponibili in versione originale su Gutenberg. A meno che non siano spazzatura, tenete d'occhio quella lista per avere un' idea sulle future recensioni.

Carl Bigelow è un ragazzo che compensa la bassa statura con tanta buona volontà e voglia d'impegnarsi, disposto a studiare tanto e lavorare altrettanto pur di avere una vita onesta e intelligente.
Il suo arrivo alla cittadina di provincia di Peardale coincide con una serie di opportunità: l'affitto per pochi spiccioli di una stanzetta con pasti in comune, delle tasse per la scuola convenienti, persino una pronta assunzione alla panetteria locale, con paga anticipata.
Se non fosse che Bigelow non è Bigelow. Dietro le lenti a contatto colorate, le medicine e le scarpe col rialzo si nasconde un uomo alcolizzato al servizio della Mafia, di un boss dal nome “L'Uomo”.
Sicario tormentato dalla tubercolosi, è un ometto ingegnoso, sempre disposto a manovrare gli altri per i suoi fini. Il suo obiettivo è un uomo che ha spifferato un importante giro di scommesse e che dovrà presto testimoniare in tribunale. L'assassinio deve apparire un incidente, senza destare il benché minimo sospetto. In una cittadina dove già la gente muore di suo, di vecchiaia e depressione, Bigelow non deve far altro che facilitare un processo già in atto...


Notte selvaggia, anche scrivendo una sinossi come la precedente, diversa dalla quarta di copertina della Fanucci del 2004, continua a sembrare qualcosa di diverso.

Un noir. Un romanzo degli anni '50. Una storia di mafia e criminalità. Un romanzo “lento” sull'orrore della provincia americana. E pur possedendo tutti questi elementi, Notte selvaggia li sovverte in tante maniere, li trasforma a tal punto che non sembrano elementi “vecchi” di copertine (in)gialli(te) ma fondamenta di un romanzo moderno. I primi capitoli, certo, nell'uso di una prima persona che si esprime in gergo criminale, ricordano il bianco e nero, i mozziconi di sigarette, le corse in automobili, cappello e impermeabile alla Bogart. E' tuttavia solo uno specchio, un'illusione. La vera sostanza del romanzo è moderna, dell'orrore: rispetto alla produzione dell'epoca Thompson fa agire personaggi tridimensionali, con scopi e psicologie criminali appartenenti più agli '80 e '90 che al dopoguerra. Si tratti di freak mutilati, di mogli ninfomani, di psicopatici che si fingono ragazzini che vanno a scuola... è una carrellata che non ha nulla di elegante o rassicurante, persino per noi cittadini del duemila abituati al telegiornale. Al di fuori dell'anacronismo di un giro di contrabbando e di mazzette legato alla corsa di cavalli e ad altri dettagli, la storia potrebbe benissimo venir ambientata nella provincia attuale, oggigiorno.

Lo stile di un romanzo del 1953, di oltre mezzo secolo fa, risulta più immersivo di tanta produzione attuale. Spesso, nei circoli tra scribacchini, ci si lamenta che all'epoca si scriveva come si voleva e non c'era lettore che si lamentasse di show don't tell e altre baggianate. Di solito è una scusa sfruttata ad nauseam per giustificare il peggio della produzione di Stephen King.
Nel caso di Thompson, lo stile di scrittura di questa Notte selvaggia passerebbe l'esame del più severo editor in circolazione a pieni voti: ogni particolare, ogni dialogo è messo lì con senso proprio, non c'è parola o verbo superfluo.
Potremmo riassumere lo stile di Thompson nell'aggettivo “asciutto”, ma non renderebbe giustizia alla sua padronanza della parola.
Innanzitutto, dando per scontato una prima persona “forte” con un suo carattere, osserviamo una buona cura dei dettagli, precisi e senza parole vaghe.
Aveva ragione: avrei dovuto provarci. «Certo» sorrisi. «Solo che mi manda in bestia esser chiamato figliolo. Probabilmente per te è lo stesso quando ti chiamano trippone.»
Fece per accigliarsi, ma poi si mise a ridere. Non era cattivo, credo. Solo un signor so tutto ficcanaso e provincialotto. Chiesi un paio di trentasette e mezzo a pianta stretta con alzatacco interno e lui cominciò a tirarla per le lunghe in modo da infilare più domande possibile.

Uno scrittore mediocre scriverebbe che aveva chiesto “delle scarpe alte” e passerebbe avanti. Allo stesso modo, uno scrittore mediocre userebbe aggettivi astratti per descrivere i sentimenti dei personaggi, mentre Thompson preferisce usare tic, modi di fare e movimenti gestuali.
Mi guardò ironica, la testa un po' inclinata da una parte.
«Metti che io cambi idea» disse. «Metti che di notte mi svegli e…»
Mi allungai per afferrarla. Fece un salto indietro, ridendo, e corse alla porta. Storse le labbra; poi sussurrò: «Buonanotte, tesoro» e scivolò fuori dalla stanza.

La descrizione dei modi di fare si traspone nei dialoghi, che seguono a seconda dell'interlocutore le inflessioni e le pause richieste dal dialogo reale, garantendo di saper distinguere i personaggi senza la catena ossessiva di “disse”.
«Perché non vai dentro a chiedere?» La signora Summers lo fulminò con un'occhiataccia. «Stringi la mano a tutti. Chiamali tutti per nome. Chiedi notizie delle famiglie. Non preoccuparti di me, o di come io…»
Di colpo lo sceriffo mise in moto l'auto, facendola tacere. «Sto andando, no? Miseriaccia, sto andando, vedi?… Figliolo, mi…»
Saltai giù in fretta. Lui partì, facendo rombare il motore. E io attraversai il vialetto ed entrai in casa.

Thompson non è un grande della letteratura; quello che importa è che nel 1953 scrive usando gli stilemi e gli accorgimenti che ora si rimproverano troppo “moderni”.
In un paio di casi usa la parola in modi che solo la scrittura permette, consegnando immagini impossibili nei film, nella musica, nei fumetti.
Famosa la definizione di Peardale:
Aveva qualcosa di triste, qualcosa che mi ricordava quegli uomini mezzi calvi che si pettinano col riporto.

O ancora il seguente passaggio di un inferocito Bigelow:
Non era un vero e proprio russare, soltanto una roba tipo sega circolare. Era come se avesse una piccola ostruzione nel naso, nel punto in cui l'umidità si raccoglieva, liberandosi con un piccolo pop-crac, più o meno a un respiro ogni dieci.
Stavo sdraiato lì, rigido e teso, contando i suoi respiri, desiderando intensamente che fosse un rubinetto, per poterla prendere per il naso, girarlo e chiuderlo.

A tirare le fila di questa recensione, Notte selvaggia si svolge tutto nello stesso luogo – Peardale – la cui descrizione però muta con il mutare del protagonista. Si parte con l'atmosfera familiare del syndicate noir, della storia di mafia in un setting convenzionale, per scendere a deliri psicopatici e approdare negli ultimi capitoli a un finale quasi surrealista
E in tutto questo siamo consci che non sono Peardale e i suoi abitanti a cambiare, ma la loro visione attraverso gli occhi allucinati del protagonista. E' il sicario, a sprofondare sempre più in basso e con lui il lettore. Un gran risultato, raggiungibile solo con un'estrema economia di parole.

Urgerà recuperare tutta la bibliografia di Thompson...  

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