lunedì 21 marzo 2016

Bug Hunts!


La Osprey negli scorsi due anni, nonostante una certa opposizione dei vecchi barbogi, ha lanciato diverse nuove serie che la smarcano decisamente dall'ambito della storia militare e delle uniformi cui è di solito associata. Accanto al successo di Frostgrave, dimostrazione che c'è ancora spazio per giochi di schermaglie tradizionali sul modello del mai troppo compianto Mordheim, si è data da fare a promuovere sia giochi da tavolo in scatola che manuali per schermaglie con le miniature.
Tra i tanti progetti, di particolare interesse è la serie Dark Osprey, rivolta a quel genere di argomenti che si vorrebbe trattare scientificamente, ma che l'appassionato sa in fondo appartenere al campo speculativo più sfrenato.
La Osprey in tal senso ha commesso un'autentica eresia per chi odia il “fantastico”: nella serie Dark Osprey ha scelto infatti di trattare argomenti immaginari con uno stile, una documentazione e sopratutto delle immagini il più possibili realistiche; in altre parole, ha scelto di applicare la veridicità storica e gli strumenti essa correlati ad argomenti di cultura geek.
E' solo una mia intuizione, ma ritengo che i lettori delusi da queste scelte che definiscono “facile marketing”, siano gli stessi che criticano il fantasy e la fantascienza perché storie “inventate” rispetto al realismo del romanzo storico. Se non fosse che il romanzo di storia stesso è alla fine un'opera di finzione, poco importa quanto accurata e maniacale sia la ricostruzione in atto, protagonisti e vicende restano a ogni modo inventate, a meno che tu non rediga una biografia... Andrebbe anche aggiunto che non c'è alcuna barriera invisibile che impedisce di usare la metodologia delle discipline umanistiche per trattare argomenti di fantasia, o che ugualmente impedisca di sfruttare le proprie conoscenze scientifiche per scrivere hard sf. Quest'uso “giocoso” di quanto si è imparato può irritare, ma è non ne scorretto, ne illegale.
Ma come sempre, sto divagando...

Il volumetto in questione di oggi è Bug Hunts, della Dark Osprey.
Ancor più di Steampunk Soldiers e di Nazi Occult, Bug Hunts chiarisce da subito i suoi riferimenti cinematografici, che possiamo riassumere a gran voce nella duologia di Alien e nel primo Starship Troopers. L'universo di Bug Hunts è un futuro tetro, dove l'umanità ha lentissimamente colonizzato le stelle, alternando repentini balzi tecnologici ad altrettanto repentine cadute. La colonizzazione è divenuta possibile solo grazie a oligarchie di multinazionali impegnate in guerre fratricide, che si auto-finanziano con l'esplorazione di nuovi pianeti vergini da derubare di ogni risorsa.
Superato lo scoglio dei primi viaggi interstellari, l'umanità cresce e aumenta su decine di migliaia di stazioni orbitali, pianeti e cinture d'asteroidi. Il livello tecnologico ricalca il pragmatismo anni ottanta di Alien e Blade Runner, senza intelligenze artificiali e con un'informatica ridotta all'osso.
In questa corsa alla colonizzazione, i primi alieni scoperti sono stati microscopici batteri, cui sono seguiti delle specie di granchi e diversi, trascurabili animali senza vera intelligenza.

In questo momento della cronologia temporale di Bug Hunts, avviene la scoperta del primo alieno, lo xenomorfo di Draper World. Parassita che usa il corpo umano come incubatrice per i propri piccoli, sangue acido e fauci bavose, bocca retrattile e artigli: il modello è chiaramente l'Alien frutto del genio di Ridley Scott Giger. Seguendo un pattern comune a tutto il libretto, lo xenomorfo della Osprey è un copycat ancor più letale del suo originale filmico, una vera bestia assassina.
Dalla descrizione del primo contatto degli scienziati con l'alieno è chiaro che Mark Latham è riuscito a unire nella storia sia Prometheus, che Alien, che Aliens - Scontro finale.
A differenza tuttavia del consolatorio finale di questi film, nel mondo di Bug Hunts l'impreparazione degli umani fa sì che lo xenomorfo continui a diffondersi e a ripresentarsi, terrorizzando intere frange di sistemi solari.

La seconda razza scoperta in Bug Hunts sono gli Aracnidi di Centauri. Il modello stavolta sono gli insettoidi di tanti videogiochi e giochi di miniature, citando infine quell'opera di satira del tutto sottovalutata che è Starship Troopers. Alieni a otto zampe, capaci di intelligenza collettiva, dalle armi da fuoco organiche chiaramente mutuate dai Tiranidi di Warhammer 40000, gli aracnidi offrono le prime descrizioni in Bug Hunts di battaglie su larga scala. Non c'è quell'idiota di Rico, ma l'impiego dei primi “marines spaziali” e una battaglia persino sulla Terra chiariscono (come se ce ne fosse bisogno!) quali siano i classici di riferimento... 


La terza razza rappresenta forse la miglior invenzione del (finto) saggio: sono gli Hive Beasts di Klaatu Nebula. Mark Latham mescola in un'unica razza granchi giganti, insettoni con poteri psichici, vermi delle sabbie che ricordano Dune, infezioni virali alla Resident Evil, persino una sorta di insetti “intelligenti” che controllano il cervello delle loro sfortunate vittime.
Non mi sovviene nessun film che corrisponda a questo genere di alieno, le Hive Beasts devono perciò essere “originali” o riferirsi a fantascienza militare da noi non pervenuta in Italia. Dopo aver combattuto e respinto sia gli xenomorfi che gli aracnidi, i marines spaziali sono ormai una forza combattente di tutto rispetto, il braccio armato della compagnia. Il progresso nella tecnologia e nell'addestramento degli “sterminatori spaziali” si scontra così con una razza aliena più simile a una spora che a un essere senziente. La battaglia sul pianeta è narrata con lo stesso taglio usato per uno scontromoderno”: uno stile asciutto, dettagli tecnici, movimenti delle truppe.
E' quanto ad esempio dovrebbero imitare gli scribacchini di Age of Sigmar e Warhammer 40000, invece di usare quell'orribile stile a metà tra romanzo e resoconto, dove non c'è la singola persona, o la struttura di un romanzo, ma non c'è nemmeno il realismo che richiederebbe un resoconto “scientifico”. Si arriva così a scrivere dei sentimenti dell'eroe di turno, senza però calarli dentro una vera struttura narrativa.
O l'uno, o l'altro. Se scegli di scrivere gli avvenimenti come un saggio di storia, non puoi fermarti a fare introspezione, a meno di mascherarla come una riflessione filosofica del (finto) autore.
Nel caso di End of Times, con la Games Workshop, si era raggiunto il fondo: sembrava di leggere un “qualcosa” che era un'infelice via di mezzo tra resoconto (si descriveva una successione di eventi), poema epico (si usava un lessico pompato e fintamente antiquo) e romanzo (di tanto in tanto, si scivolava nei pensieri di quello o quell'altro personaggio).
Bug Hunts è l'esatto contrario, nella sua finzione di saggio sugli scarafaggi spaziali funziona egregiamente:
The marines touched down just two klicks from the Compass Rose’s tail section, and instantly set up firebases and field HQ. Three platoons were sent towards the wreckage in Armored Personnel Carriers (APCs), following the plumes of smoke that still smoldered a week after the crash. The remaining marines were split into patrols to search the surrounding landscape for mineral deposits and enemy activity.

Oppure, prendiamo questa descrizione di una ritirata da Klaatu, tutt'altro che priva di pathos:
While one exo-suit specialist set about righting the APCs, the other three waded into close-quarter combat against the aliens. With their power-assisted servos, the exo-suit troopers proved the physical equal of the bugs, while their inbuilt flamethrowers, carbines, and grenade packs made up for their lack of numbers. The bugs’ massive claws proved capable of tearing through exosuit
armor plating, but the marines’ combat training gave them the tactical advantage. Three suits stood against more than 20 bugs, desperately buying their platoon enough time to get underway. Only once the APCs were good to go did the exo-suit specialists disengage, one of them irreparably damaged.
Fire support troopers wielding heavy auto-carbines and railguns – the only weapons capable of penetrating the crab-beasts’ thick chitin armor – laid down covering fire. Even as the marines got underway and left the bugs behind, the sky behind them began to darken as swarms of flying aliens flocked from the distant hives. The beasts were nothing if not tenacious.

Accanto alle tre razze di “bug” spaziali, Mark Latham presenta anche un lungo elenco di specie aliene autoctone di singoli pianeti, che pur non presentando una vera minaccia hanno richiesto di volta in volta l'intervento di marines. La fantasia di certi “insetti” è orribile nel senso buono del termine, con grandi spunti creativi. Il mio preferito è lo Xeno Carcino Brutus, un granchio gigante di Tritone, luna di Nettuno. Sa mimetizzarsi da roccia, il che pone l'inquietante interrogativo di quale sia il predatore che l'ha costretto a questa “evoluzione” darwiniana...


Una vena di nichilismo è inoltre sottesa a tutta la descrizione degli alieni, nonostante il tono di chi scriva sia quello strafottente e pieno di sé di un marines.
Nel mondo di Bug Hunts non c'è un singolo alieno che possegga un'intelligenza umana. Sono animali, agitati da istinti di protezione del branco o dell'alveare (gli aracnidi). Non ci sono nemmeno le intelligenze astrali e ultra terrene alla Lovecraft, o delle razze aliene organizzate in qualche primitiva società. L'unica civiltà aliena scoperta dai marines è stata spazzata via milioni di anni prima dagli aracnidi, mentre le uniche forme di vita in giro per la Galassia sono o batteri, o larve mostruose. E in quest'universo già poco allegro, molto “basso”, l'umanità ha conquistato le stelle solo grazie a multinazionali e oligarchie militari.
The idea of the Araknyds enacting some sort of vendetta against the human race quickly became the subject of a philosophical debate rather than a scientific one. No-one in the Authority wanted to believe that the first truly intelligent life encountered in the galaxy was a species of murderous, xenomorphic bug. However, any debate on the subject was soon to become moot.

Questa visione, che alcuni definirebbero pessimista e io definisco realista, prosegue nella descrizione dei marines. La fanteria dello spazio di Mark Latham è un prodotto in vitro della Star Industries, una forza di mercenari al soldo della Multinazionale che li ha creati. Da lei riceve equipaggiamento, stazioni di ricerca, addestramenti e ai livelli più alti ordini operativi.
Gli interessi della razza umane e gli interessi della Star Industries divergono e succede spesso che ci si domandi chi sia più alieno, se i “bugs” o le corporazioni degli umani.
I marines non esitano a bombardare interi pianeti se li sospettano infestati di aracnidi, o a sacrificare le milizie locali pur di ottenere un minimo vantaggio sugli insetti. Le richieste di aiuto delle spedizioni di esploratori e scienziati vengono soccorse tanto più in fretta quanto più sono in gioco gli interessi della Star Industries, mentre sos e richieste di aiuto interplanetarie delle corporazioni rivali rimangono convenientemente inascoltate. Anche nella lotta all'alieno, la vittoria corporativa resta al primo posto. La Star Industries può inoltre permettersi un'ampia libertà di azione grazie alla popolarità dei marines tra la popolazione civile, grazie al controllo dei mass media e diverse trasmissioni televisive di successo. L'unico sprazzo di orgoglio e speranza viene dato dai marines stessi, nelle numerose occasioni in cui disobbedendo agli ordini e da brave teste calde, dirottano spedizioni e risorse per ottemperare a quanto sentono il loro vero scopo, proteggere l'umanità.


Dopo questa positiva esperienza con Bug Hunts, che pur essendo brevissimo (neanche cento pagine) è davvero godibile, recupererò presto altri volumi della serie.
Se l'idea vi piace e questo genere di saggistica “falsa” non vi offende, il prossimo passo sarà recensire l'ottimo Steampunk Soldiers...

Fonti: 
Bug Hunts, Mark Latham (sito Osprey). 

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