lunedì 22 febbraio 2016

Comprare libri di autori morti


La libreria come negozio non mi interessa da tanto tempo. Come con l'automobile e le annesse rivendite e officine, trovo che siano luoghi anacronistici: non ho, nella maggior parte delle volte, alcun stimolo a comprare. Questo non impedisce alle librerie di essere vive&vegete: solo, razionalmente discutendo, non trovo alcun vantaggio nella libreria tradizionale.
Se la libreria come negozio non mi interessa, non è nemmeno per colpa degli ebook. Se valuto di tanto in tanto i miei (radi) acquisti mi accorgo di comprare ancora libri cartacei al 50% coi libri elettronici. Soltanto, i primi provengono d'altri fonti. Innanzitutto, considerando che la saggistica esiste solo via cartacea (tranne che per le aborrite copie pirata) devo ordinarla via Ibs, o Amazon, perchè se la cerco in libreria si rifiutano di ordinarla additando scuse pietose, o mi arriva dopo mesi e mesi (davvero, non capisco perchè: a casa non aspetto più di due settimane, di solito).
Per tutto il resto, le rigatterie forniscono gli stessi testi delle librerie, ma al decimo del prezzo. Mi ha davvero impressionato, negli ultimi cinque anni, quanto si sia decuplicato il commercio in quel settore. Togliendo anche le eredità libresche dei defunti, di cui i figli preferiscono sbarazzarsi, rimane comunque un'incredibile massa di romanzi. Finalmente le persone sembrano aver abbandonato ogni remora nel confronto dell'oggetto-libro, che è “brutto” vendere, buttar via, riciclare ecc ecc
Al contrario, constato giorno dopo giorno un via vai di cittadini ansiosi di fare finalmente spazio in casa, sbarazzandosi di quanto fino a dieci anni fa erano considerate preziose “reliquie”.
Senza accorgermene sto anche omettendo le biblioteche, che continuano a fornirmi la maggior parte dei testi, specie relativi all'università e alla saggistica storica. Una grande vergogna che feccia come il sottoscritto osi leggere libri gratuitamente in biblioteca, me ne rendo ben conto: probabilmente, per la mentalità dei talebani capitalisti, volersi istruire senza avere alle spalle lo spazio e i soldi per comprare ogni singolo libro che si voglia leggere è un abominio... una distanza incommensurabile dall'atteggiamento anglosassone (o del resto dell'Europa, in effetti) dove le biblioteche formano i lettori, li creano ex novo e dove sono gli scrittori in primis a offrire i loro romanzi alle biblioteche, consci che un lettore che ha letto gratis i tuoi testi in biblioteca ti andrà a cercare in libreria all'uscita dei tuoi prossimi romanzi/saggi/fumetti...


Tornando alla libreria, la visito spesso come luogo, più che come negozio. Le grandi catene sono ottime in casi del genere, il senso di spaesamento e i grandi scaffali che tanto inorridiscono i clienti affezionati mettono a proprio agio. Dipende immagino dal punto di vista, c'è chi vuole farsi notare e chi no e nel mio caso preferisco starmene in pace a sfogliare qualche libro, piuttosto che sentire il fiato del commesso sul collo. In tal senso, le grandi librerie (ad esempio a più piani, o all'ultimo piano di un centro commerciale periferico) sono perfette.

In queste occasioni è difficile non osservare gli altri clienti. Ad esempio, è interessante che come ogni infrastruttura sia pubblica che privata a Trieste, la condizione minima per avere successo è allegare un bar al negozio. In sostanza se a Trieste sai offrire uno spritz puoi avere speranza di vendere il doppio, se non il triplo. Triste, ma vero, basta constatarlo dalla libreria Lovat.
Inoltre, le poltroncine per la lettura sono controproducenti: i visitatori si piazzano lì con panini e amici (amici paninari?) e non si spostano. Almeno con un bar è possibile legalizzare questa situazione, ottenendone dei lauti ricavi.

And less money!
Tuttavia, quello che mi perplime di più sono gli acquisti. Davvero, non ne capisco il senso.
D'accordo chi chiede l'ultimo autore mainstream, l'usuale armeno/iraniano/cinese che racconta storie “vere” o chi compra il solito tormentone italiano. Al di fuori di questi casi, però i libri maggiormente richiesti sono i classici. Calvino, Manzoni, Verga, Svevo e ancor più gli stranieri, da Dickens a Tolstoj, a Twain, a Melville, a Poe. Autori che ritengono tutt'altro che ammuffiti, specie se trattiamo gli stranieri e che sono contento di vedere comprati così di frequente.
Come dicono i blogger guru, “segnale incoraggiante!”
Eppure, se anche eliminiamo gli studenti che li comprano perché li richiede la scuola, c'è un largo numero di giovani clienti che compera classici.
Ora, ha senso comprare un classico in libreria?
Non molto. In primo luogo, per molti di questi autori sono scaduti i diritti d'autore e nella loro lingua d'origine sono disponibili gratuitamente, su Gutenberg e simili.
In secondo luogo, gran parte dei classici sono privi di un apparato bibliografico decente, non hanno note a piè di pagina esplicative, non hanno introduzioni degne di quel nome... sono nudi, materiale grezzo che pertanto sarà difficile il lettore apprezzi. Ironicamente, ogni edizione decente rientra nella già nominata saggistica di cui le librerie non dispongono mai...
Le librerie di scarto che vendono libri usati (di solito la fase precedente alla chiusura), le rigatterie e le già nominate biblioteche hanno tutte gli stessi classici che trovate nelle librerie normali: non c'è davvero differenza, può migliorare la traduzione, ma un Manzoni resta un Manzoni, diamine.
Ho trovato in rigatteria classici venduti a un euro della stessa edizione che a due isolati di distanza veniva venduta a 12, 15 euro. L'unica palpabile differenza era che il libro della rigatteria si trovava buttato in un angolo, spiegazzato e nascosto, mentre il classico (identico) della libreria era in bella vista sullo scaffale. Se ovviamente vi “fa senso” possedere libri usati è un altro discorso...
La faccenda diventa grave se si considera che gli scrittori a tempo pieno dipendono dalle vendite dei loro romanzi per vivere – da quel poco che arriva loro tolti gli intermediari e le tasse.
Un cliente che compera un classico a prezzo pieno, consapevole o meno che potrebbe trovarlo a prezzi inferiori, danneggia l'autore vivo.
Si compie una scelta: comprare un libro di un morto da molti anni, per ingrassare nel peggio dei casi organizzazioni di “tutela” piuttosto abusive, che mirano più a preservare la loro gallina-zombie dalle uova d'oro che ad aiutare davvero. La Tolkien Estate è un ottimo esempio. La libertà che godiamo nei confronti del pantheon “free” di Lovecraft l'ha forse danneggiato, l'ha rovinato, ha impedito studi accademici? Tutt'altro, certo c'è stato molto ciarpame ma anche numerose gemme e tanta saggistica che altrimenti non avrebbe trovato finanziamenti dall'alto e acquirenti dal basso. Non sono nemmeno scomparse le organizzazioni e i gruppi di appassionati eruditi. Lecito chiedersi quale meraviglie potremmo ottenere se da un morto quale Tolkien levassimo finalmente ogni diritto.


Se una persona vuole spendere quindici euro in un libro e li spende per un classico di una casa editrice grande ha sprecato i suoi soldi. Oh certo, sul piano materiale ha il libro, ha un classico, un oggetto di carta che gli durerà tutta la vita ecc ecc
Sul piano però delle ripercussioni del suo acquisto, i quindici euro andranno oltre che alla libreria a un autore morto. Ovvero dispersi nel nulla.
Si faccia attenzione: ho scritto casa editrice grande. E' ovvio che una ristampa di un autore di nicchia è un acquisto lecito, così come di un autore raramente tradotto.
Tuttavia, non sono casi che capitano: i classici che vedo acquistare non hanno spiegazioni e sono i soliti, dannatissimi soliti. Sono ripeto, ottimi libri, che anch'io apprezzo: vedere però incolonnate in fila dieci copie de Il Barone Rampante per i soliti studenti delle medie... che business malsano.
Lo insegna anche la storia, ci fanno le battute gli insegnanti di lettere. Si diventa famosi solo dopo la propria morte. Oppure: alla morte aveva segni di denutrizione, ha sempre vissuto in povertà perché nessuno l'apprezzava, ha fatto successo solo successivamente, se avesse avuto una vita più stabile forse che, se l'avessero pagato ecc ecc
Non si realizza mai che questo vale anche oggigiorno.
Se vi sono autori che giudicate buoni e che sono in vita, supportateli. Se siete tra chi compera i classici a prezzo pieno, vi svelo un segreto: potete comprare quel romanzo di quell'autore vivo nella libreria e nel contempo avere quella fila di classici mammuth per impressionare i vicini dal rigattiere, su Internet, o dalle librerie di seconda mano. E se siete studenti, allora comprate il dannato fumetto indie invece di leggerlo online e prendete invece a prestito l'ennesimo Italo Calvino richiesto dal professore. Due in uno, vi assicuro che è facile.
E sopratutto, tornerei sui quindici euro ex novo in libreria. È quello il problema, non la pirateria.
Sono chi spende per acquistare libri morti di autori morti di case editrici zombie il problema.
La sfida è comprendere che si può avere sia il classico che il nuovo, dando prevalenza a chi è ancora vivo e può beneficiare dei nostri soldi.
Che sia difficile non c'è dubbio, perchè implica investire i propri risparmi pensando prima dell'acquisto. Una cosa niente affatto logica, cui uno deve arrivare per suo conto. Io mi sono accorto da quando ho iniziato a frequentare Kickstarter quanto influenzi il “singolo” o meglio i piccoli gruppi (venti, trenta persone) a livello di produzione di massa e d'influenza decisionale. Basta poco.
Se andrà poi male e mi maledirete, potrete sempre accodarvi dal rigattiere e rivendere tutto lì.
Sappiate però che al confronto con le nuove uscite e la saggista, proprio i classici sono valutati poco o nulla... L'ironia, eh?

7 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Mi trovo d'accordo con il pensiero finale. Il supporto è davvero importante per mandare avanti ciò che si ama...

Alessandro Forlani ha detto...

"Hai letto il libro?"
"Certo: la Bibbia. Ne servono forse altri?"

:-D :-D :-D

Timetrapoler ha detto...

Bel pezzo, che condivido parola per parola. In linea teorica.

Ma, per quanto io sia consapevole che la bibliofilia, di questi tempi, è considerata una perversione peggiore della zooerastia, devo fare coming out: "Io non leggo soltanto. Compro libri forte".
Spendo un bel po' in cartacei e se potessi permettermelo spenderei anche di più. Compro saggi in inglese su Amazon (testi che non hanno in biblioteche a Trieste: e il prestito interbibliotecario è un disastro, e costa); compro "i classici", che però cerco sempre in un'edizione degna di questo nome (in passato ho comprato qualche Calvino di quelli che infestano le librerie come la gramigna, ma poi ho preso i meridiani ed è finita lì, e così con altri autori); compro libri di autori contemporanei (meno di quanto vorrei, ma questo per motivi "accademici").

Quanto agli ebook, ne compro pochi e ne leggo ancora meno. Non sono un detrattore e sono perfettamente in grado - lo specifico perché è questa l'accusa che viene spesso mossa a chi non legge ebook - di distinguere l'"oggetto libro" dall'opera che contiene. Ma farei molta fatica a convincere i miei occhi ad aumentare ulteriormente il tempo che trascorrono davanti a uno schermo. Appena possibile, però, mi piazzo su una panchina assolata (al "Giardino Pubblico", specifico, sapendoti triestino) e li lascio ferire dal riflesso della pagina bianca e dallo sfocare dei caratteri. Che dire? Perversioni anche queste.
Per non parlare del fatto che i miei libri sono sempre pieni di segnalibrini adesivi annotati, che poi, con cura, finito il libro, tolgo e di cui rendo conto in un file apposito dove non ho mai mancato di "recensire" un libro letto, dal 2008 a oggi. Con gli ebook, tutto ciò mi riesce difficile.
Perversioni, sì, me ne rendo conto.

Che dire poi del fascino di acquistare un libro usato, dell'odore delle sue pagine ingiallite sotto il sole di una bancarella o appena appena intaccate dall'umidità di un magazzino, dell'enigma di un ex-libris barocco o meramente biblioteconomico? Svanisce non appena, ad ornamento di una 'f' o quasi al limitare della pagina, si indovinano archeologie di biscotti e caffé consumati trent'anni prima, di raffreddori di gente ormai morta e sepolta.

Veniamo infine alle biblioteche. Fortuna che esistono, altrimenti vivrei - con una sterminata biblioteca personale - sotto un ponte. Ecco, per sopravvivere a me stesso lettore e bibliomane, dovrei lavorare in una biblioteca. Far spendere soldi pubblici per i libri e prestarli con un sorriso invasato. Come sanno gli amici che vengono a casa mia, a cui tento sempre di rifilare qualche volume in prestito.

Senzapre7ese ha detto...

Curioso, ho abitudini molto simili alle tue - evito ormai le librerie, compro su bancarelle, online e ebook, i libri che davvero mi interessano sono quasi sempre fuori catalogo o lontani dalla grande distribuzione. Eppure davvero non riesco ad approvare la conclusione sul non comprare autori morti in libreria. Un classico è un classico, a 1 euro sulla bancarella o a 15 sugli scaffali, e chi lo compra credo che non scelga in alternativa al giovane vivente, non credo che stia sottraendo soldi a nessuno, né spendendo particolarmente male i suoi. Piuttosto osservo con disappunto il crescente aumento del prezzo dell'usato e dei remainder, che almeno a Torino spesso si avvicina al costo del nuovo. Questo per me non ha davvero senso.

LorenzoD ha detto...

Io ho smesso quasi completamente di comprare libri cartacei, soprattutto per motivi di spazio. La mia libreria (intesa come mobile) ha un volume limitato, casa mia ha una superficie finita (come lo sa molto bene l’agenzia delle entrate) e più di tanti libri non ci possono stare. Ben vengano quindi gli ebook; anzi sto regalando via tanti cartacei, se vuoi te ne regalo un po’.

Le Biblioteche le ho sempre evitate a causa di brutte esperienze precedenti: gente stupida e ottusa che seguiva regolamenti stupidi e ottusi. E non mi permettevano di girare liberamente per gli scafali.

Ma il punto del tuo post è la gente che compra a prezzo pieno libri di gente morta. Non penso che sia la fine del mondo. Si vede che hanno valutato quell’acquisto più interessante di quello di un autore nuovo. È anche ragionevole. I classici sono quelli, si sa cosa si va a prendere. Riguardo gli autori “vivi”, bene o male o si seguono le mode o si rischia. E tanti non vogliono rischiare, perché rischiare vuol dire sprecare tempo e cervello, elementi che spesso mancano.

Sì, ci sono delle alternative all’acquisto di un volume nuovo di un autore morto: Gutenberg, ma qua passiamo da cartaceo a ebook, che magari è un passo troppo audace per certe persone. Libri usati? Sono sempre stato un grande “minatore” di librerie dell’usato, antiquariato e cantine varie, ma anche qui non fa per tutti. Soprattutto non in una città di fighetti come Trieste.

Coscienza ha detto...

@Marco Grande Arbitro
Difficile far strada senza dei sostenitori (il “supporto”), ora più che mai...

@Alessandro Forlani
E' noto che non servono altri libri, la Bibbia ha tutte le risposte. Circa. Se sei americano. E repubblicano. E vivi nella Bible Belt. XD

@Timetrapoler
Occorre considerare quando si discute di libri e librerie personali che il libro cartaceo occupa spazio e gestire una libreria “in casa” richiede tempo e organizzazione che pochi possiedono.
Non credo che avrei potuto leggere quant'ho letto alle medie e alle superiori se non fosse stato per le biblioteche.
Certo, non voglio dire che con gli ebook chi abita in case minuscole inizierà subito a crearsi una sua biblioteca "virtuale" cui invece aveva rinunciato per problemi di spazio. Anzi, di solito meno si legge più si privilegiano i libri “solidi”, ma questo è un discorso ormai vecchio...

Preferisco Villa Engelmann, ma si va a gusti, purtroppo nelle belle giornate d'estate i giardini sono pieni di mostriciattoli altrimenti chiamati “bambini” che pretendono di divertirsi, è problema grave... >_<

Il fascino della pagina ingiallita è sopravvalutato... specie se si hanno problemi di tubature e umido in casa. Ma posso capirlo, è infatti l'invito dell'articolo: comprare a prezzo pieno gli scrittori “vivi” o le piccole case editrici e conservare l'amore per i classici e il cartaceo “monumentale” alle rigatterie o alle svendite.

@Senzapre7ese
Benvenuto sul blog!

E' vero che un autore che compra un classico non è detto che sia anche interessato all'autore “vivo”. Può essere che compri solo classici e basta.
Mi dispiace che a Torino ci siano simili prezzacci, almeno dalle mie parti godo di una certa scelta in fatto di vendite di libri (mi rendo conto solo quando vado fuori regione, di quanto certe città siano avare di librerie e affini)

LorenzoD
Abbiamo l'identico problema per quanto riguarda lo spazio per i libri... preferisco ormai prendere il fumetto o il saggio cartaceo e accattare l'ebook per il romanzo.

La Biblioteca Quarantotto Gambini permette di gironzolare quanto si vuole... dipende negli altri luoghi dal funzionario di turno: c'è chi cerca i libri e te li porta anche, così come chi sa rispondere solo “cerchi su internet” a qualsiasi richiesta.

I clienti valutano l'autore “morto” più dell'autore vivo, perchè il primo - nel suo grosso&imponente formato cartonato - fa bella vista sullo scaffale. Non è il contenuto che premiano, è solo l'idea di possedere un “classico”.

E' l'atteggiamento, da fighetto per l'appunto, di chi legge Nietzsche in pubblico senza palesemente comprenderne nulla (magari nelle edizioni Bonsai contro cui mi ero già scagliato in precedenza http://zenosaracino.blogspot.it/2013/09/i-libri-noccioline-della-collana-live.html) o tira fuori L'Arte della Guerra di Sun Tzu senza nemmeno saperlo collocare temporalmente.

Senzapre7ese ha detto...

Grazie per l'accoglienza. :-)
Chiarisco soltanto che a Torino c'è una grande concentrazione di librerie, remainder, bancarelle, spesso a pochi metri l'una dall'altra. E sono luoghi bellissimi, difficili da distinguere dalle gioiellerie o dalle altrettanto magnifiche cioccolaterie. Il problema è che è anche difficile distinguere i prodotti che vendono dal prezzo...
Credo che la tendenza nell'usato sia uniformarsi al prezzo del web, dove su un titolo nuovo da remainders risparmi il 30-50%. Mentre i classici a 1 euro di cui parli ci sono, ma in edizioni ignobili, con traduzioni dei primi del '900. E' chiaro che se posso comprare il classico in Einaudi mi butto su quello, anche se nuovo.
(E comunque ripeto: mi sono anch'io convertito all'ebook).