lunedì 11 gennaio 2016

Ma gli androidi sognano videogiochi interessanti?


Guardavo a dicembre i #gameawards per i migliori videogiochi dell'anno e rimanevo alquanto perplesso. Non per i premi in sé, che le classifiche e i totem interessano solo i fan idolatri, ma per le presentazioni dei nuovi giochi e le polemiche loro correlate.
Ho la netta impressione che si voglia sinceramente tentare qualcosa di nuovo sia nel gameplay che negli argomenti, senza tuttavia che questo “nuovo” si realizzi affatto.

Il luogo comune vuole che l'innovazione arrivi dai videogiochi indie, ma è chiaro per chiunque navighi il settore che anche la scena dei piccoli sviluppatori sia altrettanto conservatrice: spesso, dietro la scusa di un gioco complesso, si nascondono clunky mechanism che non verranno mai considerati dal giocatore se non per rassicurarlo che sta giocando qualcosa di autenticamente complicato. Penso in particolare a molte delle statistiche degli rpg dove in effetti la quantità di numeri e cifre sommerge anche il giocatore più paziente. Senza voler poi infierire sulla narrazione o su certi stilemi che sono se possibile ancor più stereotipati che nei giochi normali.

Ma non è sul gameplay che voglio discutere, quanto sulle tematiche proposte. Che in molti casi annunciano e trombettano di essere rivoluzionarie, delicate, sottili, intriganti ecc ecc senza mai dimenticare l'aggettivo forse più diffuso attualmente: dinamiche. Quanto ci piace essere dinamici (e flessibili, naturalmente, flessibilissimi...) oggigiorno. Ne andiamo davvero pazzi.
Addio alla narrazione inesistente di soldatacci all'attacco, di strane creature intente a correre e saltare, di omaccioni con complicate mosse X+Y+Y da eseguire per soddisfacenti punteggi.
Roba vera, (quasi) impegnata. Matura, finalmente.

Abbiamo dunque Far Cry Primal. Uno spin off di Far Cry dove nell'età della Pietra dobbiamo cacciare, combattere e ammaestrare animali conquistando il predominio contro tribù di cannibali e scimmie antropomorfe. Un'idea nuova, che incorpora la caccia, che tanto piaceva negli episodi precedenti, aggiungendo il bonus di un elemento “cuccioloso” quali le bestie d'addomesticare.

Detroit Become Human. Androidi sotto carica. 
Abbiamo dunque Detroit Become Human, dove un androide di nuova produzione sembra destinato a una grama vita di servitore degli umani, letteralmente box retail per i porci desideri di qualche ricco acquirente. Androidi il cui perfetto servizio è ingiustamente boicottato da luddisti che rischiano così di perdere il loro (già precario, essendo Detroit) lavoro. Una musica da brivido per una sequenza d'immagini d'impatto, una protagonista interessante, critica sociale ecc ecc

Abbiamo dunque Ghost Recon The Wildlands, dove al comando di un'unità d'elitè delle forze speciali statunitensi andremo a investigare i cartelli della droga nel sud america, attraverso un innovativo sistema flessibile e dinamico di scenari e gestionale affrontabili a seconda delle proprie inclinazioni e tattiche preferite. Un gioco realistico, maturo, firmato Tom Clancy...

Si può iniziare dal basso e cioè da Ghost Recon The Wildlands. Quelle righe che avete appena letto le ho scritte ridacchiando, ma ci sono davvero giornalisti convinti che sì, The Wildlands sia un gioco intelligente.
Già l'etichetta di un (defunto) conservatore come Tom Clancy è un biglietto di visita sufficiente, ma l'idea che si possa conoscere la realtà dei cartelli tramite una squadraccia dell'esercito Usa che si immischia dove non dovrebbe è semplicemente ridicola.
Non discuto il gameplay, o la storia, o la grafica, tutte parimenti interessanti.
L'idea però di arrivare a conoscere qualcosa sul mondo sudamericano tramite personaggi che sudamericani non sono, e il cui ruolo è di armi umane in un contesto manovrato dall'alto che nel mondo reale nemmeno comprendono... Patetico, semplicemente patetico.
E nei segmenti dove si mostrano le missioni e le città popolate si comprende perfettamente come vi sia un grande lavoro di ricostruzione di villaggi, persone, monumenti, usanze, panorami. Invariabilmente destinati a venir sommersi da secchiate di proiettili e inseguimenti, e coperture. Una sensazione che ho avvertito tante volte con tanti giochi, ultimo dei quali Bioshock Infinite: ambienti così straordinari, così piacevoli meriterebbero di meglio che un banale combattimento.
Sul serio, c'è un frammento del trailer dove si cammina nella folla di una cittadina della Bolivia che trovo assolutamente affascinante. Perchè diamine, se proprio devo assumere i panni di uno statunitense, devo andarmene in giro con un fucile.
Datemi un giallo, un'avventura, non so, un mistery, qualcos'altro, diamine.
Questo genere di giochi sono pornografia militare, nient'altro che spot per le forze speciali.
E chi si lamenta della scomparsa dei film di guerra tradizionali, dove il soldato americano combatteva senza paura, dovrebbe guardare la lista di Call of Duty in produzione da tempo immemore e comprendere che si è semplicemente trovato un medium più adatto alla solita propaganda.
Non a caso i consulenti che gli studi dei videogiochi chiamano per dare verosimiglianza ai loro giochi, e che s'intervistano nelle anteprime e nelle recensioni, sono contractor abbruttiti, o repubblicani con la mentalità dell'American Sniper (1).
Essendo video indirizzati agli adolescenti, nessuno si domanda chi sia il consulente che di volta in volta spiega come abbiano fornito un tocco di realismo al videogioco. In effetti, se l'intento di The Wildlands fosse davvero trattare il traffico di droga in Bolivia, avrebbero intervistato un... beh.. un boliviano, no? Un uomo del posto. Un'autorità, un militare, un membro della polizia, dell'amministrazione, un giornalista che studi il cartello. 
Invece, non sembra proprio che in un videogioco ambientato in Bolivia, i boliviani possano avere alcunchè ruolo. 
Ci pensa mamma U.S.A. a parlare e spar(l)are per loro, questo sia nella politica che nei games.

Radio Santa Blanca. Cattura "DJ Perico". Perchè? Cosa avete contro i DJ? >__<
Nel caso di Detroit Become Human la questione si complica.
L'inganno non è nell'androide, o nell'idea di fondo: è nella locazione.
Detroit non è una normale città americana, non è una megalopoli in crescita, non è un dinamico (sic) centro industriale. E' al contrario una wasteland di edifici sventrati, di case in sfacelo, di industrie abbandonate abbarbicate attorno a un cuore urbano morente. Detroit non è ancora morta, perché sarebbe un cadavere troppo ingombrante per essere sopportato.
Il declino della città non deriva da comunisti interventi statali, o invasioni armate dei malvagi cinesi, ma risulta semplicemente la conseguenza della crisi economica.
Un ottimo testimonial degli effetti del capitalismo americano.
Nel videogioco si presume che l'androide giungerà ad avere coscienza di sé, a rivendicare i suoi diritti, a modellarsi come persona padrona di sé e non al padrone soggetta. Com'è però evidente dal segmento del trailer, ci riuscirà solo a spese di quegli stessi abitanti di Detroit che rappresentano la fascia povera della popolazione. Cartelli, disagio e proteste vedono l'androide crudelmente “cacciato” dai poveri di Detroit. Non a torto, i cittadini vedono nell'androide l'ennesima tecnologia in grado di licenziarli. L'uomo reso obsoleto dalla macchina, e conta davvero poco che la macchina in questione sia un androide senziente. Perchè il videogioco sia davvero impegnato, l'androide dovrebbe allearsi con questi gruppi “proletari” (uso il termine in senso largo).
Ovviamente ciò non succede: l'androide è perseguitato dai poveri che sono inevitabilmente visti come brutti, rozzi, plebei. Ci scommetto che la soluzione nel gioco risulterà che l'androide verrà riconosciuto come essere “umano” individualmente, mentre le reali cause della diseguaglianza sia del sistema che l'ha prodotto come merce, che di Detroit stessa, verranno ignorate.
Sto ovviamente divagando sulla base di ben poche informazioni: è tuttavia chiaro che sono qui all'opera due diverse ideologie. La prima, che sostiene una lotta per i diritti individuali nella forma di leggi emancipatrici, che non attaccano però le basi economiche del problema. L'impegno è traslato a favore di piccoli gruppi, spezzettato in una miriade di iniziative futili. Nel nostro caso, è giusto lottare per i diritti del povero androide, ma guai a chiedersi perchè quell'androide è stato prodotto, o come si è arrivati a ideare quello che alla fine è uno schiavo robotico.
La seconda, è il caro vecchio mantra della Silicon Valley: l'androide è una nuova tecnologia e come tale automaticamente buona&giusta&progressiva. Chi si oppone è solo un retrivo luddista che non è sufficientemente “dinamico” e “flessibile”.

Detroit Become Human. Dettaglio del trailer uscito durante la Paris Week. 
Se The Wildlands e Detroit trattavano il capitalismo rispettivamente “militare” e tecnologico”, Far Cry Primal indaga il rapporto malsano con la Natura. In altre parole, l'ambientalismo.
Primal è infatti ambientato nella preistoria. O almeno, quanto i designer e i giocatori pensano sia la preistoria. Non provo a immaginare quale atroce tormento sia per un archeologo dover guardare un video di Far Cry Primal e sentir parlare di “realismo”.
Perchè in effetti, stando al gameplay presentato, Far Cry è insospettabilmente vicino ai tempi nostri. Il rapporto che questo homo sapiens sapiens possiede con la Natura è decisamente moderno.
Possiede un'aquila che fa volare a suo piacimento, la cui visuale dall'alto è irrealistica: l'uccello riesce a star fermo al suo posto come un elicottero che stazioni su un obiettivo, si muove in modo statico e rigido, senza poter planare o virare in modo repentino come i volatili fanno e il suo attacco ha la precisione di uno Stuka nazista. Sopratutto, quando si sceglie di guardare con gli occhi dell'aquila, si vede il terreno con la stessa visione di un drone cecchino. Persino i colori sono simili e se scegliessi di sovrapporre uno screenshot di Far Cry Primal a uno screenshot di una zona afgana vista dagli occhi bionici di un drone U.S.A. non sapreste raccontare la differenza.
Dalla rivista in edicola, ai modelli civili, alle proposte di Amazon, si tenta di rendere il drone una tecnologia il più possibile “amica” alla popolazione.
Nessun complotto, nel caso di Far Cry Primal, semplicemente i designer si sono riferiti a un modello “ludico” mortalmente (ahahah) efficace.
L'idea di ammaestrare gli animali non è né originale, né positiva.
In primo luogo, l'animale ammaestrato non ha con il giocatore alcun rapporto che non sia il possesso oggettuale, una volta “domato” l'animale è sfruttato fino a quando serve, per essere poi rimpiazzato con un altro, ugualmente intercambiabile. Gli animali sono strumenti nell'economia del gioco, nient'altro. L'idea non è originale, perchè preda (predatore/predare/ primal, quanto sono divertente...) da un genere di videogiochi molto vecchia: l'interminabile, stucchevole categoria dei “Pet Simulator”. Evoluzione elettronica dei giochi col peluche, i Pet Simulator hanno da sempre rappresentato una pecora nera, un intreccio sfortunato di grafiche orribili per console portatili, copertine trash e fasce d'età basse, rivolte a un pubblico femminile. Come tanti “Simulator”, sono i bersagli preferiti dei recensori, che sfogano così la frustrazione di dover dare voti invariabilmente positivi per qualunque gioco appena uscito.
Tuttavia, questi aborriti Pet Simulator, sono così diversi da Far Cry Primal?
Nel suo rapporto con gli animali, cosa vi aggiunge il nuovo Far Cry? Poco o nulla. La grafica, la violenza, l'open world, l'essere una parte e non la totalità del gameplay. Probabilmente, nel rapporto con l'animale domato, Far Cry Primal supera in stupidità Pet Simulator.
Il rapporto di quest'uomo primitivo con la Natura non è certo olistico o “saggio”. Come nel quarto episodio della saga di Assassin's Creed, Black Flag, il giocatore trae soddisfazione dal ripulire la mappa dalle tante icone che preludono a diverse attività. Nell'esempio, ciò porta il nostro sicario/pirata a cacciare ogni singolo pesce nei mari dei Caraibi, dalle balene, alle orche, agli squali ecc ecc Senza voler fare ironia, non ci si sente un pirata, ma una flotta di pescherecci giapponese.
In Far Cry Primal, la caccia si svolge in un ambiente virtualmente inesauribile. Non c'è una catena alimentare realistica, o com'era persino nella preistoria, fragile e contingente. La nostra caccia feroce può imperversare a volontà, comunque per gli algoritmi del gioco c'è sempre un animale pronto a cadere sotto la nostra lancia. Le specie non si estinguono, gli habitat non si stravolgono, la ricchezza della terra è inesauribile. Il comportamento del giocatore, in quest'ambiente, ricorda un virus che divora ogni elemento a sua disposizione, senza rispetto per l'ambiente in cui si muove. Oltre che un paradiso per il cacciatore contemporaneo, Far Cry Primal ricorda perciò l'idea di Natura che hanno i repubblicani americani, i reazionari cristiani, i “Dominionisti”.
Dio ha creato questo mondo per l'uomo e il nostro diritto è sfruttarlo all'esaurimento, senza respiro. D'altronde, se il paradiso ci aspetta in un'altra vita, è chiaro che verso quest'inferno (il mondo terrestre) siamo liberi di scatenarci. E ovviamente no ai cambiamenti climatici, sì al consumo di carbon fossile come alla caccia indiscriminata, e poi eddai, se nella Bibbia è scritto che il Diluvio Universale è già successo una volta, che è sta' storia dell'innalzamento dei mari... è già successo nel testamento, non può ripetersi di nuovo, che diamine...

Dog Simulator, aspettiamo il dlc con i biscottini e la pallina da rincorrere. 
Queste osservazioni potrebbero far pensare che odio i tre giochi nominati.
Al contrario, quando usciranno non vedo l'ora di giocarli (se potrò permettermi l'hardware, ovviamente). Proprio perchè “giochi” ritengo che meritino un'attenzione di gran lunga maggiore rispetto al silenzio della critica nei loro confronti. Come un film o un libro veicolano un'ideologia e un'idea ben precisa che può influenzare le decisioni e la forma mentis di un lettore, allo stesso modo un videogioco con una specifica impostazione può cambiare molto a una persona, nel bene e nel male.
Non esiste un libro “neutro” o apolitico e allo stesso modo non esiste un videogioco che sia completamente astratto dal sistema economico in cui nasce. E d'ide(e)ologia ormai i videogiochi sono pieni zeppi, anche più di tanti romanzi.

(1) Matteo Bittanti nel saggio Orizzonti di Forza, sul racing game (in lettura), tratta di sfuggita anche questo tema.
Riporto a sostegno della mia tesi il seguente passaggio, inscusabile per l'Activision:

Pochi videogiochi esprimono meglio (o peggio) di Call of Duty la profonda saldatura tra intrattenimento e politica, ideologia e propaganda. Uno dei consulenti di Black Ops 2, per esempio, è Oliver North, l'ex-luogotenente americano coinvolto nello scandalo Iran-Contra durante l'amministrazione Reagan-Bush e attualmente commentatore televisivo per Fox News, il network iper-conservatore americano. Si noti che North non solo è apparso nel videogioco sotto forma di avatar, ma ha svolto anche il ruolo di evangelista e testimonial.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' un pezzo stupendo :D una critica videoludica che vada oltre la godibilità del gioco serve come il pane ormai, spero di leggerne altri così in futuro ^^

Coscienza ha detto...

Sono contento che almeno a qualcuno l'articolo sia piaciuto! :-D

Una volta dedicavo largo spazio del blog ai videogiochi, ora col Pc sempre più malmesso mi limito ai giochi indie... che non sono così innovativi come tutti millantano, ma comunque...