mercoledì 3 dicembre 2014

Codex Gilgamesh, di Uberto Ceretoli


Un genere letterario diventa un vero genere quando può vantare un'ampia e diversificata produzione. In altre parole, per annunciare magniloquente la nascita o, peggio l'invenzione! Di un nuovo genere occorre poter disporre di una gran numero di opere, che siano libri, fumetti o film.
Un singolo film, un romanzo occasionale non bastano per definire un genere. William Gibson non ha inventato il genere cyberpunk, ma è stato tra i primi e tanti che hanno contribuito a quel genere.
Non esiste alcun mitico Demiurgo che forgia nuovi generi letterari o artistici a seconda del periodo storico. La nascita di un genere è una complessa alchimia di circostanze storico-culturali, creatività eccezionalmente incanalata e gruppi di creatori/ivi all'opera.

Per quanto riguarda dunque il genere steampunk, preferisco trovare un gran numero di opere di bassa/media qualità piuttosto che un unico stupefacente capolavoro ogni dieci anni. Un genere è vivo quando produce a getto continuo un gran numero di opere, quand'anche siano mediocri. 
Se lo steampunk si fosse bloccato alla sperimentazione della Macchina della realtà, sarebbe solo rimasto un interessante esperimento ai margini.

Codex Gilgamesh di Uberto Ceretoli, rientra perfettamente in questa definizione.
E' un buon romanzo steampunk, dove l'ambientazione è storicamente documentata, il ritmo veloce e lo stile piacevole. Tuttavia, non è un capolavoro: è uno steampunk sui generis.

Si parte con Kentigern, un giovane scozzese appassionato di archeologia, ma costretto dal padre di famiglia a studiare ingegneria per fare onore al suo casato. E' un classico protagonista da shonen. Imbranato, costretto a prove impossibili, dall'abilità quantomeno rara di finire sempre tra le poppe della tsundera di turno. Uso il linguaggio degli anime perchè la caratterizzazione psicologica è quantomeno assente: due pennellate d'introspezione, un paio di dialoghi e via verso le scene d'azione.

La tsundera è Eudora, la classica protagonista da steampunk: un agente segreto bello e letale, la cui abilità nel duellare e sparare, misteriosamente non s'allarga all'abbottonare la camicetta scollata. L'autore prova, e questo gliene do atto, ad approfondire il carattere della protagonista verso la fine del romanzo, ma senza riuscire a emergere dallo stereotipo asfissiante della Uber Soldatessa che nonostante tutte le sue qualità in realtà è solo alla ricerca dell'uomo della sua vita (che indovinate? E' Kentigern! Che strano, eh?).

Gli antagonisti, come da tradizione della lega degli straordinari gentlemen, sono tratti da figure storiche e pertanto risultano molto più interessanti.
Victor Frankenstein, lo scienziato dell'immortale opera di Shelley, è un cattivone sghignazzante dalla parlata fluente, l'appeal imperturbabile e un luciferino piano b sempre pronto alla mano. Il suo relativismo nei dialoghi e nella critica spietata dell'industrializzazione imperialista di Vittoria lo rendono abbastanza sfaccettato, senza esagerare.
L'uomo diavolo dai tacchi a molla è il secondo di Frankenstein. Schizoide, innamorato perversamente di Eudora, agisce con degli stivali a molla alla Paperinik e artigli di ferro alla Ezio Auditore. E' un personaggio divertente, sia per il bipolarismo dei dialoghi e degli atteggiamenti, sia per la sua abitudine a spuntare in improbabili colpi di scena.
Leonardo da Vinci, infine, rimane piuttosto sullo sfondo, ma lascia parlare le sue invenzioni, che di capitolo in capitolo aggiungo ulteriore sense of wonder. Non è la figura storicamente accertata ch'emerge, quanto piuttosto una sorta di Archimede Pitagorico tuttofare. 

Nell'insieme ritengo che gli antagonisti nel romanzo collaborino meglio dei protagonisti, oltre a risultare simpatici per il modo con cui provenendo da epoche diverse si ritrovano tranquillamente a loro agio nell'età vittoriana.

Spring Jack nel fumetto "Captain Swing" di Warren Ellis 
Sorvolando dunque sui personaggi, il romanzo è interessante per la quantità di tecnologie steampunk che l'autore getta dentro. Solitamente, ci si limita a un paio di invenzioni o si tratteggia un mondo steampunk, ma sempre in termini vaghi. Ceretoli invece sceglie di puntare sulla quantità. Qualunque invenzione dello steampunk mainstream presentata negli ultimi anni in un modo o nell'altro spunta fuori nelle numerosissime scene d'azione. 
Passiamo dagli esoscheletri a vapore, all'usuale sfondo di locomotive, dirigibili e tank senza dimenticare automobili a carbone, girocotteri, monocicli e persino cacciatorpediniere volanti azionate dall'elettricità di Tesla, che ovviamente non manca di fare una comparsa. Tutta quest'abbondanza nell'elemento tecnologico persevera nelle ambientazioni e nei personaggi secondari: abbiamo la legione straniera, le brughiere scozzesi, le ferrovie tedesche. In questo micidiale poutpurry non c'è nessun equilibrio, ma per una volta è piacevole disporre di così tanti rumorosi balocchi con cui giocare. L'autore non usa assolutamente il bilancino, ma getta allegramente un po' di tutto nel suo pentolone narrativo, senza preoccuparsene troppo. L'effetto per chi è avvezzo allo steampunk può sembrare stucchevole, ma per un lettore alle prime armi dev'essere overwhelming. E' inoltre positivo che i diversi elementi in gioco siano posizionati in modo da fornire al lettore un chiaro senso di crescita; si passa dalle tranquille investigazioni dei primi capitoli, a duelli all'arma bianca per approdare a violenti scontri tra corazzati.

Lo stile di scrittura risulta nell'insieme piacevole, gestendo molto bene gli scontri muscolari e le scene d'azione. I dialoghi, per quanto rientrino comunque nel registro di un film hollywoodiano, sono taglienti al punto giusto e solo di tanto in tanto scivolano in metafore e similitudini eccessivamente contorte. Ogni tanto, gli arcaismi producono un effetto (quasi) comico sulle descrizioni naturalistiche. Qualche esempio:

Un fulmine forcuto squarciò il cielo d'ebano.

Il sole era sorto da due ore ma il sudario di fumi e nebbia segregava Londra in una perniciosa oscurità. La donna scostò la tenda di seta fiorata e guardò i pedoni che si riversavano su Wingmore Street e si accalcavano alla fermata dell'omnibus a vapore. Sospirò e disgustata dall'umano brulichio (...)

Quando aprì la porta, fu aggredita da una folata che fondeva antico e moderno in un unico, caldo miasma.

Forcuto? Perniciosa? Un miasma che fonde antico e moderno?

D'accordo voler aggiungere un tocco evocativo, ma stiamo attenti che il confine tra l'aulico e il ridicolo come sanno molto romanzieri di high fantasy è pericolosamente instabile...  

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