venerdì 4 aprile 2014

Il Fantasma nel Guscio della Nexo Digital (Ghost in the Shell: Arise)


Giubbotto allacciato, familiare peso del talismano magico chiamato “libretto universitario” nella tasca sinistra. Camminata veloce attraverso la città al crepuscolo. Gruppetti di ragazzine che papereggiano presso il sacro tempio chiamato Burger King. Barbe&baffi travestite da esseri umani che formano minuscoli gruppetti presso il cinema. Non è ancora il momento. Mentre procedo nel Viale, gli edifici cominciano a liquefarsi, a decadere in calcinacci e tapparelle abbassate.
Suono all'ennesimo condominio di piccole stanze per piccoli budget per piccoli studenti. 
Portone, ascensore, corridoio.
...Ora senti, forse il tuo metodo di massaggi è diverso dal mio ma sai... toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato...

Per meglio distrarsi dall'esame sul pessimismo leopardiano, l'Amico di Cinema mangia la sua cena guardando Pulp Fiction. Un tostapane che sembra uscito dall'ultima guerra (cioè la guerra boera, ovviamente!) riscalda panini poco appetitosi. Fobicissimi entrambi di file e posti a sedere esauriti, decidiamo che mezz'ora di anticipo è il minimo indispensabile. Ghost in the Shell: Arise ci aspetta. Oh yeah!
Una birra, due, tre.
Usciamo. Il Cinema lampeggia, ma non c'è fila, solo un solitario cinese, qualche barbuto panzone uscito direttamente dagli stereotipi anni Ottanta e un paio di pensionati, che sono come il prezzemolo, stanno bene dovunque. Constatiamo con fastidio libertariano il divieto di portarsi drinks dall'esterno. Sempre la stessa storia, misure protezioniste everywhere. E non c'è nemmeno la bisaccia per contrabbandare qualche panino, qualche lattina sotto costa, per rifocillare i nostri poveri corpi.
Rassegnati, tormentiamo la piccola commessa perché ci fornisca le locandine promesse. Good! Il bambino pacioccone che è in tutti noi nerdacci che si rispettino esulta.
Entriamo in sala...


Questa è stata un'introduzione diversa dal solito, spero vi abbia divertito ^^
Un mese fa ho sperimentato la maratona di Ghost in The Shell della Nexo Digital e ne sono rimasto piuttosto soddisfatto. Costosetta certo, ma erano anni che non guardavo un'anime sul grande schermo.
Quand'ero, ironicamente, ragazzino (tredici, quattordici anni) consideravo qualunque cosa non fosse un film con attori reali, una cosina “per bambini” indegna di attenzione. Col tempo, questo pregiudizio è perdurato sottopelle, fin a quando mi sono accorto, che sì, stranamente anche i cartoons possono risultare interessanti, e anzi vantare sceneggiature niente male. Ghost in the Shell è una delle poche serie anime che abbia visto quand'ero giovine e una delle poche di cui abbia visionato credo tutto, dagli Oav alle due serie tv, in particolare la 2nd Gig per quanto terribilmente lenta vantava una sceneggiatura fenomenale.

Della maratona, la rivelazione era risultato l'Attacco dei Cyborg; 2004, appena uscita la computer grafica, Mamoru Oshii voleva provare qualcosa di nuovo. E l'aveva provato dannazione! La quantità di riferimenti, giochi temporali, illusioni virtuali e pure orgie visive t'imprimevano sulla cornea una sensazione indescrivibile di sublime, (quasi) di sacro terrore.

Ghost in the Shell: Arise, strutturato in tre parti da un'ora ciascuno (OAV) ha un'impostazione molto più Ghost Pain ha un'andatura nell'insieme lenta rispetto a Ghost Whispers, e fa meno presa sullo spettatore. Gli eventi devono ancora ingranare. C'è qualche bella intuizione: il corpo del Maggiore sovvenzionato dall'esercito e conseguentemente di sua proprietà, gli usuali interrogativi uomo-macchina, un lavoro in termini di Worldbuilding sociopolitico assai imponente. C'è sempre stato un fondo di astrattismo intellettuale, nelle avventure del maggiore Kusanagi, specie nella seconda serie tv. E quest'astrattismo ritorna nel primo episodio, che cede poi sul fronte dell'azione con Ghost Whispers.
tradizionale. Gli stessi disegni, oscillano da un'impostazione paesaggistica fino ad allora assente, a modelli dei diversi personaggi a volte poco precisi, stilizzati quasi. Delle due parti,

Motoko Kusanagi in questo prequel è una Maggiore piuttosto arcigna, che nel corso dei due episodi si rivela alquanto brutale in confronto alle precedenti serie tv. C'è un'interessante cortocircuito del fan service, il quale più che risultare contenuto, viene invalidato dalla protagonista stessa, che risulta troppo giovane, troppo androgina se confrontata con le sue precedenti incarnazioni.
Nella sigla iniziale, c'è qualche momento “stuzzichevole” (odio quest'aggettivo) tuttavia man mano che l'episodio si dipana, l'esile silhouette dell'esperta di cervelli elettronici acquista sempre meno corporeità. Un fan service digitalizzato non è fan service. E di questo sono molto contento.
Grazie alla matrice poliziesca il primo episodio butta lì diversi momenti introspettivi che ho personalmente apprezzato: Kusanagi è intralciata oltre dall'ingenuità dei primi anni, da un corpo cibernetico nell'insieme debole, se paragonato alle mostruosità metallo-carne che affronta di volta in volta. C'è una sensazione di disparità nelle forze in campo che finora mancava.

E quindi? Nell'insieme? Valsa la pena? 
Risponderei Ni: questi due episodi hanno un ritmo troppo classico, troppo “normale” se confrontati con i mostri sacri che li precedevano. Tuttavia, scorrono piacevolmente. Mancando inoltre ancora due episodi, in realtà è impossibile fornire un giudizio definitivo. In ogni caso, rincontrare la Maggiore Kusanagi è sempre una gioia. *_____*

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