Cuore dell'impero è quel genere di
fumetto che può venire classificato con difficoltà.
Le più vecchie recensioni si calano
con sicurezza nell'etichetta di fantascienza, nella wikipedia più
recente viene classificata come ucronia vittoriana, nostalgico
controverso inno all'impero britannico.
Io, dal mio canto, definirei Cuore
dell'Impero come un'opera Storica, che richiede al lettore
un'attenzione e una conoscenza della storia inglese notevoli, a
partire dalle premesse, imperniate sulla reggenza di Cromwell, verso
la metà del seicento.
Impaludate le vesti di lord Protettore, iniziò
una dittatura precocemente spenta dalla sua morte, che permise
l'instaurarsi della dinastia Stuart. L'abolizione della dittatura
cromwelliana coincise con un esodo di massa di puritani e oppositori,
che andranno a costituire il nucleo essenziale degli Stati Uniti. E'
forse ardito, ma si può dire che senza quella linfa vitale e
messianica dei padri missionari e dei puritani difficilmente il
continente americano sarebbe stato colonizzato con tanta rapidità e
pragmatica efficienza.
Nell'ucronia di
Bryan Talbot succede il
contrario:
Cromwell riesce a trasmettere il potere ai figli, ed è
solo diversi secoli più tardi che una
rivoluzione monarchica riporta
sul trono i suoi legittimi eredi.
Il danno intanto, è fatto; gli Stati
Uniti sono ancora piccole colonie oltreoceano, mentre l'impero
britannico si è allargato a occupare Europa e Asia, giungendo a
competere come macropotenza solo con una Russia "comunarda"
che rimane sullo sfondo e con diversi staterelli frammentati.
Londra, intanto è diventata una
metropoli steampunk ipertrofica e gigante, dove una
moda
neo-vittoriana-elisabettiana-restauratrice si accompagna a braccetto
con
odii razziali,
patriottistimo idiota e sorde
proteste di masse di
poveri.
Alan Moore- sì di nuovo lui- consiglia
Cuore dell'impero definendolo un'opera ancora al passo con i tempi, che anzi li supera, sia
nella storia che nell'uso dell'inquadrature, impressione che
confermo: sembra di leggere un fumetto all'avanguardia, quasi
sperimentale.
I dialoghi affilati come rasoi arredano
una complicata struttura a chiocciola di rimandi e flash back, che
vengono a costruire un'opera ipertrofica, che propone una storia che
non concede al lettore stanchezze o esitazioni. I diversi piani
temporali vengono volutamente confusi, incrociati in complicati
arabeschi di citazioni e riferimenti alla cultura britannica, al New
age, alle religioni orientali. C'è anche un bel po' di brutalità,
di sesso (nei fumetti consigliati da Moore è una costante, lol) e
qualche tocco splatter.
Di fronte alla merda superoistica che
invade gli scaffali librari, ravvivata nei migliori dei casi da
qualche esperimento di crossover- ma sempre all'interno dei canoni
"facili" di Marvel & DC- l'opera di Bryan Talbot spicca
per dinamismo e coraggio.
E' triste che un fumetto degli anni
novanta "osi" più dei fumetti odierni, dove se non cacci
in gola la pappa pronta al lettore sei automaticamente "fuori".
Dove se non tratti strisce umoristiche e/o con il solito Uber Mensch
che salva il sacro potere capitalista americano, non ricevi ne fondi, ne lettori.
Ma diamo un'occhiata ai personaggi.