domenica 28 luglio 2013

Una bevuta al bar (racconto)

Racconto fantasy/ horror for fun, per mantenersi in esercizio.

Una bevuta al bar 

Nel cielo azzurro pastello di quel sabato mattina, qualche stella ancora brillava fioca, intrappolata nella ragnatela di un sole fosco e umidiccio. Enrico chiuse la porta di casa, assestò sulla spalla la borsa con appunti e fotocopie. Diede un'occhiata all'orologio, che scintillò sull'ora nona del mattino.

" In anticipo di mezz'ora. Non male ". Sbadigliò. " Ancora un caffè. Uno solo ".

Camminò verso il bar.

<< Chiuso per malattia >>

Inghiottì una bestemmia.

" Forse per una volta potrei accontentarmi del caffè della macchinetta... Al diavolo. Piuttosto nulla, che quell'orrenda brodaglia imbevibile ".

- Enrico! -

Salutò il compagno di corso, che mano sulla fronte cercava di sbirciare nella vetrina del bar.

- Sembra proprio chiuso. - Constatò, masticando furioso una sigaretta spenta.

- Marco. Così pare. Che ne dici, ci avviamo a lezione? -

- Rinunciare a caffè e brioche, vorresti dire? Piuttosto preferisco saltarla proprio, la lezione -

- Beh dio, si sopravvive – Enrico esitò incerto – Forse c'è qualche altro bar, nelle vicinanze -

- Che ne dici di quello? -

Compressa nello spazio fra la vecchia casa anni sessanta che ospitava il bar ora chiuso, e una villetta di recente costruzione, Enrico d'improvviso notò una piccola costruzione neoclassica, dal bianco dei capitelli sporchi di catrame. Un'insegna di legno mangiato dalle tarme oscillava lenta, alla brezza del mattino.

- Un pub? - azzardò Marco, perplesso. - Mal che ci vada, ci facciamo una birra -

- Alle nove del mattino? Pessima idea – Sospirò Enrico, tuttavia segretamente stuzzicato.

Spinse la porta, salutò con un fiacco buongiorno.
L'interno puzzava di alcool, polvere e tarme. Un paio di avventori trincavano al banco caffè corretti, gomiti nudi poggiati sul legno sudicio. La barista, prosperosa ragazza con il volto scavato dal sudore, azzardò un debole sorriso. Enrico gettò lo zaino sul tavolo più vicino, aspettò di ordinare. Passò l'indice sul legno della sedia, meravigliato. La sedia era scolpita in curve floreali, una ninfa intagliata sorrideva nell'incavo del poggiamano. Esaminò il bar con maggiore attenzione. L'arco acuto delle finestre era stato decorato con vetrate colorate, episodi di santi e sacrifici su altari primordiali. Il soffitto a volta s'incurvava sotto lo sguardo dell'avventore, dando l'impressione di volerlo inghiottire. Tralci filamentosi di piante rampicanti soffocavano sbrecciati mosaici di tessere rosse.

- Allora, birra o caffè? -

- Caffè, perdio. Caffè. Dovremmo frequentarli, i corsi, Marco. Frequentarli. -

La barista accorse con un blocchetto di carta in mano, chiese secca:

- Cosa prendete, ragazzi? -

- Un caff -

- La specialità della casa, per entrambi – Soffiò Marco, sogghignando.

- Davvero? - La barista rischiarò la fronte contratta, esibì un sorriso spacca mascella. 
Saltellò sugli stivaletti. - Ma è splendido! Finalmente! -

Marco annuì, diede di gomito a Enrico che strinse i pugni.

- Veramente... - Iniziò.

- Ci vorrà un po', sapete. Non è bevanda per stomaci deboli – Continuava la barista – E non ci assumiamo alcuna responsabilità, nel caso vi succedesse qualcosa. E' tutto previsto nel contratto -

- Ma naturalmente – Chiuse Marco. Persino Enrico concordò stavolta. Era probabile che qualche stupido malaticcio pusillanime avesse provato la birra migliore di quel pub, e fosse schiattato. 
Peggio per lui; ma loro erano uomini, perdio! E contratti del genere li siglavano a occhi chiusi.
La barista tornò trotterellando con due bicchieri fumanti. Sottili calici in cristallo smaltato, dallo stelo forgiato in nervature d'argento. Enrico lo sollevò con cautela, scrutò all'interno. Un fumo verde si levava dalla superficie, un caleidoscopio di colori brillanti. Il vetro era talmente freddo da bruciare la mano, un sentore penetrante di ghiaccio che intorpidiva le dita.
Strizzò l'occhio a Marco. Conosceva più di un barista che sperimentava in proprio, e ne aveva visti di cocktail malsani; ma sia nella presentazione che nell'aspetto quello li superava tutti.

- Emh... Ha un nome, questo "coso" – Domandò Marco, con sopracciglio inarcato.

- Assenzio maturato in botti di cedro, signore. Mescolato con lacrime dei ragni senzienti dell'Al Di Qua, ammorbidito con gocce di sangue di fata -

- Ah – Enrico esitò, prima di bere un primo sorso. Gli ricordò l'Hemingway, solo ancora più aspro – Certo, che vi piacciono, le metafore... -

- Metafore? Sta scherzando, signore – Rimproverò la barista. - I nostri sono ingredienti originali, mescolati secondo le ricette di mastro Lovecraft -

- Ma Lovecraft non cucinava... - Protestò Enrico.

Al terzo sorso, il gusto cambiò. Sbatté le palpebre, ebbe la nauseante sensazione di lacerare un involucro lattiginoso e appiccicaticcio. Lo stomaco era in subbuglio, qualcosa stava nascendo al suo interno, spalancava le zanne, apriva occhi ciechi. Allontanò lo stelo infuocato, ma la barista glielo avvicinò alle labbra, con la delicatezza di una madre che abbeverasse il figlio. Inghiottì ancora, e ancora. Una mano raspava nella sua trachea, lacerava in spasmi di sangue la sacca dello stomaco. Qualcosa batteva contro la pancia. Un mostro, un bambino. Ne era terrorizzato. Chiuse gli occhi, poi al momento di riaprirli li scoprì sigillati, chiusi con sottile filo di ragnatela. Strisciò con la mano, ma d'improvviso la sentì disgregarsi, fondersi in una pala di carne, dita fuse in una patella di muscoli spugnosi. Aprì la bocca per urlare, per chiedere aiuto, ma la sentì spalancarsi sul ginocchio, sulla tempia, sulla punta del mignolo del piede. Il naso scendeva sul mento, si scioglieva e gocciolava come cera sotto il fuoco. Urlò.

domenica 14 luglio 2013

Qualche (stramba) impressione su Pacific Rim

Fioccano le recensioni, ovunque.
Quindi mi son detto: resistiamo. Questo non è un blog di cinema. 
Io non ho un "percorso di studi universitario con le necessarie qualifiche per valutare criticamente un film" come spesso ci ricordano i molteplici critici di professione sulla Rete.
Quindi, sapete che faccio?
Ci metto il sottotitolo impressioni, e di Pacific Rim parlo comunque.

Prendiamola alla larga.



lunedì 8 luglio 2013

The Ambassador- Ballare con pigmei ubriachi


Voglio mostrare un'Africa spogliata di Ngo, Bono, bambini soldato e infanti con pance gonfie, mostrarvi piuttosto quel tipo di persone che non vedrete mai nei documentari: uomini d'affari bianchi e diplomatici, i grassi gatti dei centri urbani, tutte quelle persone che nell'Africa Francese post coloniale stanno avendo una bella vita. 
Per mostrare questo versante dell'Africa ho usato il "performative journalism"- invece che mimetizzarmi come una mosca sul muro osservando neutralmente, ho preferito vestire la mia parte e agire come un'agente provocatore. Con tutte le intenzioni di un giornalista di svelare un mondo segreto, sono andato nella Repubblica CentrAfricana come un ricco uomo d'affari con credenziali diplomatiche, approfittando di ogni possibile vantaggio offerto dalla mia posizione (contrabbando di diamanti, abusi di potere...) e diventando così un rispettabile membro del corpo diplomatico. (Tradotto da The Ambassador Official Site)
Nomen Omen, Mad(s) Brugger è pazzo.
Regista di documentari e giornalista danese, riprende in molti aspetti il gonzo journalism, ma scendendo ancora più in profondità, valicando insomma a passo deciso il confine fra teatro e investigazione. 
Autore di un documentario in cui s'infiltrava nella Corea del Nord – Red Chapel- The Ambassador è il suo ultimo lavoro, un documentario piuttosto straniante, in cui dopo aver contrattato con a) Un portoghese b) Un italiano c) Un fiammingo Riesce finalmente a ottenere credenziali false per fingersi un diplomatico della Liberia, e viaggiare dritto nella Central African Republic, con l'ambizioso scopo di fondare una fabbrica di fiammiferi gestita da operai Pigmei per coprire un traffico di diamanti di contrabbando. 

L'operazione svolta in incognito, pericolosissima e condita da toni masochisti è stata esposta nel documentario – The Ambassador - attraverso registrazioni, videocamere nascoste, filmati ufficiali e foto. 
Per esporre la corruzione e la collusione di molte potenze mondiali – Dalla Cina alla Francia, che nella faccenda gioca un ruolo nerissimo- il ruolo di falso diplomatico è infatti perfetto.
Primo, un diplomatico sebbene non maneggi mai soldi, è libero di viaggiare con quanto più desidera, da una semplice valigia con accessori di viaggio a una ventiquattrore gonfia di milioni di dollari. Non può venire fermato, bloccato o inquisito; gode appunta di "immunità diplomatica".
In secondo luogo, dettaglio fondamentale, gran parte dei diplomatici è libera di riprendere e registrare le proprie operazioni, come attestato di buona condotta e successo.
Il risultato, incidentalmente, è perfetto per un documentario d'assalto.

martedì 2 luglio 2013

Incontro galante (racconto)

Sto lavorando in queste settimane a due racconti. il primo è incentrato sul tema della Fantareligione, ed è per così dire ancora in alto mare (ma già vede la spiaggia).

Il secondo ha già la sua prima stesura, che vi presento per non affaticarvi troppo in tre parti. E' una sorta di gioco a incastri, un esperimento di piani che s'incrociano e intersecano.
Commentate che vi sembra ^__^

Incontro galante (titolo provvisorio) 


Sorseggiava il thè con mano percorsa da piccoli tremiti.

“ Ancora mezz'ora, poi finalmente! Vederla, a tutti gli effetti. Un vero appuntamento! Non più incontri informali, lunghe ore a chattare, interminabili lettere scambiate via posta pneumatica! Vedersi, vedersi sul serio”.

Al pensiero, chiuse gli occhi, respirò a fondo. Svuotò le ultime gocce del thè nel lavabo della cucina. 
Lisciò qualche invisibile piega nella camicia bianca, infilò con destrezza consumata la giacca in tweed, prima di assestare sulle ventitré quella paglietta che tanto successo andava incontrando nell'estate parigina. Impugnò il bastone, controllò con improvvisa torsione del polso che la lama nascosta scattasse come sempre, oliata alla perfezione.

“ La crisi dell'industria siderurgica ha colpito duro. Perdio, la competizione oltremare è insostenibile, ormai! “ Scosse la testa. “ Quanti poveracci disperati, per le strade “.

Uscì di casa fischiettando allegro.
Nell'attimo che mise il primo piede sul marciapiede ansimò, poi aggrappato come un vecchio al bastone per poco non scivolò a terra, le ginocchia che tremavano. Ansimò. Il cuore batteva peggio di un tamburo turco. Una strada di asfalto e fango, dove sfrecciavano automobili insozzate di luccicanti messaggi pubblicitari. Grattacieli diroccati e immensi, dalle nervature di contrafforti e archi lisci e minimali, agitate all'occasione da vivaci spot pubblicitari. Nel sudiciume di cartucce scariche di sigarette elettroniche, gomme da masticare e cartoni della pizza, sedeva accovacciato un mendicante dalla mano protesa.

<< Licenziato per riassetto quadri aziendali. Fame! >>

Sotto gli occhi allucinati dell'uomo, il mendicante afferrò per la gamba un'impiegata che camminava veloce, cartellina sotto braccio. Poi alle urla della donna, cavò fuori la scheggia affilata di un vecchio i-phone distrutto.
Alla scena, l'uomo si strofinò le palpebre con disperata frenesia. Le automobili scomparvero, la folla sudata in t-shirt piene di loghi, minigonne e sandali di plasticaccia, pure. Ora un onesto via vai di popolane, dalle gonne che lisciavano un gentile acciottolato di porfido affollavano la strada. Un guazzabuglio di calessi e carrozze delle più svariate fogge sfrecciavano a velocità impensabile sul selciato.

“Ah, meglio. Molto meglio. “.

Il medicante ora esibiva una giacca a due code unta e stracciata, con la gamba sinistra amputata da una palla di cannone della Guerra in Crimea. Maneggiava la scheggia affilata di una bottiglia di whisky di scarsa qualità. L'impiegata tuttavia, era ancora in minigonna e cartellina, con all'orecchio un auricolare per cellulare. L'uomo storse il naso, irritato.

“Sbavature, bug. Tornano sempre”.

Con passo veloce raggiunse i due protagonisti, minacciò col bastone sollevato:

- Pezzente plebeo! Minacciare così una fanciulla indifesa! -

Il mendicante lo fissò con occhi socchiusi, infastiditi.

- Cazzo vuoi, merdaccia? -

L'uomo trattenne l'impulso di sputargli in faccia. Avvertii un crepitio alle orecchie, mentre la vista per una seconda volta vacillava.

- Perdio, nobilotto tisico dei miei stivali, vattene, che non è posto per te questo! - Cambiò voce il mendicante, prima di mirare ai tendini dell'impiegata. In quell'istante l'uomo menò una randellata, cercando al contempo di afferrare al braccio l'impiegata oggetto di contesa. 
La scheggia dell'i-phone scivolò sanguinante sulla coscia della vittima. Il mendicante cercò di alzarsi, ma l'uomo aveva già allineato la punta del bastone al petto del nemico. Ruotò il polso, la lama fuoriuscì con schizzo di sangue dritta nel polmone destro, inchiodando il barbone al cemento.
L'uomo si chinò, frugò nelle tasche del mendicante. Rinvenne la tessera magnetica, che porse all'impiegata. 

- La presenti al Municipio, e riscuota i soldi della taglia. Sono sempre felici, quando ci liberiamo dei senzatetto - Poi, in tono cavalleresco, aggiunse – Si tenga pure tutti soldi, a me non servono -

Voltò la testa, ma l'impiegata era già salita su un taxi, scomparsa nel caos urbano. Mugugnando un'imprecazione, chiamò una carrozza, che arrivò con strombazzare di lampeggianti.

Aveva un appuntamento, dopotutto.