sabato 30 giugno 2012

Idiosincrasie di piccoli scrittori



Guardare, monitorare le tendenze che imperversano sul Web è un’attività squisitamente fancazzista, ma alquanto divertente, se si riesce a mantenere un minimo di occhio “clinico”.

Per quanto riguarda la scrittura ho innanzitutto notato un abuso della parola “derviscio”.
Sinceramente non ne capisco il motivo, ma saranno già quattro, cinque fra racconti e romanzetti che presentano questo paragone: “piroettò come un derviscio”/ si agitò come un derviscio/ con l’agilità dei dervisci dell’antico oriente…”

Ora, cos’è un derviscio? Secondo mamma wikipedia un danzatore sufita dell’avanzatissima (sic) civiltà islamica, la cui danza più famosa è… Roteare su se stessi. Già avete capito bene. Quasi rimpiango il paragone con gli scoiattoli volanti (orrore!) di Dimitri in Alice nel paese della Vaporità.

un agile e scattante derviscio^^

lunedì 25 giugno 2012

Amori perduti


Donne, dirigibili e brutti contadini: XII 

Si respirava carbone. 
Il pavimento, marmo antico ricoperto da lettere di mosaico, stava letteralmente andando in pezzi sotto i piedi di centinaia di studenti e scienziati. Transenne e un rotolo di filo spinato delimitavano un vasto squarcio nel pavimento, al cui interno membri della polizia locale prendevano appunti, facevano domande, analizzavano con lente d'ingrandimento microscopici dettagli.

mercoledì 20 giugno 2012

Vomito ergo sum


A volte quando penso che viviamo nel 2012 (2012!) non cesso di stupirmi.
Non certo per strambe profezie di popoli amanti di sacrifici umani e incapaci di costruire una misera ruota, quanto per il fatto che siamo finalmente entrati nel ventunesimo secolo.
Vi rendete conto?
Viviamo in quella che i nostri nostri predecessori non smettevano di considerare un'epoca d'oro. Incredibile progresso.
Colonizzazione dello spazio.
Macchine volanti.
Sconfitta delle malattie.
And so on.
Nulla che la fantascienza degli anni 50/60' predicasse s'è avverato.
Nulla di quanto il movimento cyberpunk anni 80/90' profetizzava s'è avverato.
A tutti gli effetti gli unici autentici progressi vi sono stati nei mass media, nelle tecniche di comunicazione, nel pittoresco mondo del cyberspazio: ma ancora una volta è un'evoluzione stentata, zoppicante, in ultima analisi fallimentare.
Non sarà certo l'ipad che mostreremo alle successive generazioni, affermando: questo ha fatto la storia, figliolo (sic).



Spesso si dice: abbiamo chiesto troppo.
Abbiamo preteso troppo.
Macchine volanti? Che idiozia.
Colonie su Marte? Impossibile.
Andare sulla Luna? Nonsense...
Si riduce sempre lì il succo del discorso: non è possibile richiedere più di tanto dalla tecnologia.
Ci vorrà molto più tempo prima che succeda.
Oppure: è veramente necessario? Non dovremmo occuparci della Terra, piuttosto?
O della povertà, le guerre intestine, la mafia?
Perché sprecare risorse, e soldi e ricerche nel progresso?
Esiste un termine che s'andò affermando, verso la fine dell'ottocento che si adatta molto bene per feccia di questo genere: Luddisti. Il luddista rifiuta la tecnologia, le macchine in quanto ritiene siano alla base del suo stato di povertà. Spesso questa convinzione- e rifiuto- s'accompagna a un ridicolo ritorno alla natura, intesa come madre, essere benevolo, matrice d'ogni bontà.
Disgustosamente rousseiano.
Secondo i nuovi Luddisti non c'è nulla sulla Luna che valga la pena di nuove spedizioni.
Secondo i nuovi Luddisti la tecnologia va bene così com'è, senza troppe innovazioni.
Secondo i nuovi Luddisti tutto deve rimanere fermo, anzi se possibile retrodatarsi, andare indietro nel tempo se non nei fatti almeno nello stile.

Luddisti: un ottimo spunto steampunk ^__^
E giungiamo quindi al nocciolo del problema. Per merito dei Luddisti, non è la tecnologia che smette d'evolversi, è la cultura. Perchè se nel progettare un razzo che vola su Marte vi sono oggettivi problemi scientifici, non esiste valida giustificazione al momento di valutare l'evolversi della cultura. 
Cultura che mostra ai pari della tecnologia, nessun progresso.
Da più di un decennio si ripetono- perpetuano- modelli letterari e artistici che sono cloni malriusciti- sfigati di quanto già era diffuso negli anni 80/90'. E' come se Dio avesse congelato un intero mondo e lo costringesse a rivivere secondo per secondo quanto già si rifletteva, valutava negli anni 80'.

La musica? Ripercorre vecchi consunti stilemi, ingessata dalle richieste del mercato, asfissiata dalla mancanza di coraggio nello sperimentare. Perfino l'elettronica- musica "giovane" ricerca il passato.

L'arte moderna? Giace morente, annegata nel suo stesso vomito narcisista.

La scrittura? S'automodella sulle riflessioni del passato, perpetuando gemelli omozigoti di opere letterarie viste e straviste. L'ebook stesso, perfino nei paesi di massima diffusione- es. America- non sfrutta nessuna potenzialità concessa dall'elettronica. Un esempio? Hyperlink. Il saltare di pagina in pagina con il semplice cliccare di un tasto. C'è qualcuno che l'abbia davvero sfruttato, per accedere a pagine Internet, dare voce a una narrazione corale, interfacciando rete e lettura? Al momento mi sovvengono solo esempi d'ebook per "bambini" e qualche occasionale ebook di formazione.
Al momento gli ebook sono solo libri: libri in digitale, e non su carta, ma libri tradizionali a tutti gli effetti.

Il videogioco? Fiorisce a nuova vita il retrogaming, s'osannano i capolavori del passato. Anni 80, 90, l'età d'oro. Con Kickstarter si batte duro sui desideri dei giocatori: vogliamo il passato si pretende. Vogliamo i vecchi giochi. Nuova grafica? Sì, ma senza esagerare. Deve sembrare vecchio. Vecchio è bello. Gli anni 90, ah che bei tempi. Cosa? Non ci sono mai vissuto? Non importa, sono l'alba dei videogiochi, è giusto imitarli e imitarli e imitarli senza tregua.

Ho volutamente trascurato il cinema per due motivi: primo, non è "medium"che conosco bene quanto libri e videogiochi; in secondo luogo i continui sequel, reboot e rifacimenti lo rendono un bersaglio fin troppo facile, al punto che parlando di film perfino nel gregge della gente comune si avverte bene questo senso di "stanchezza", autentica stagnazione creativa.
Atto di forza (1990): remake in dirittura d'arrivo nel corso del 2012.
Judge Dredd (1995): reboot in produzione per il 2013.

Ironia delle ironie, qual'era la musica di sottofondo mentre scrivevo quest'articolo?
I fight dragons, ovviamente. Stile, video, musica letteralmente intrisi d'anni 80/ 90.


Save world, get girl

Ah nostalgia canaglia!

Fonti sparse:
Anacronismi , articolo di Matteo Bittanti, Significativamente il sottotitolo recita "Intrappolati negli anni 90".
L'immagine dei Luddisti intenti alla distruzione del telaio è dell'artista Peter Jackson, diritti riservati.
I fight dragons hanno messo gratuitamente a disposizione numerose canzoni sul sito ufficiale, dateci un occhiata se vi va. (album KABOOM, in particolare)
Il manifesto Golden Age, con fidanzatini astronauti che guardano la partenza del razzo- ah finissime allusioni fallocratiche - è stato preso da una raccolta di vecchi manifesti retrofuturistici

"Soon there will be no one who remembers when spaceflight was still a dream, the reverie of reclusive boys and the vision of a handful of men" -Wyn Wachhorst, 1995.

mercoledì 13 giugno 2012

Soldatesse vittoriane


L'età vittoriana, viene più volte pesantemente sottolineato dai libri di testo e nei romanzi ottocenteschi, è sostanzialmente un'età di pesante abbrutimento delle condizioni della donna, ridotta a oggetto da far maritare, reclusa nella casa borghese e infine costretta ad avvilenti matrimoni d'interesse.

Nutro qualche ragionevole dubbio che la condizione femminile fosse davvero così pesantemente retriva nell'ottocento, ma non avendo ancora sufficienti conoscenze sul periodo vittoriano, mi limito a un sano scetticismo.
Nell'opera "La donna al tempo delle cattedrali", la Pernoud chiaramente smonta ogni pretesa d'oscurantismo nei confronti del medioevo, dimostrando come la donna detenesse pari diritti al maschio: tuttavia nei discorsi da bar non si cessa di considerare l'epoca precedente agli anni 1960 come un lungo, lunghissimo periodo di schiavitù. Ridicolo.

Ad esempio non riesco allora a spiegarmi quest'immagine trovata ieri, rovistando nel ciarpame ottocentesco.


Cito dal PDF da cui ho ritagliato l'immagine:
Arms and armor- uniform illustrated 21- victorian colonial wars- Philip J Haythornthwaite (1988)


"The defence of the Empire was not exclusively a male preserve: pictured here is "A" company Amazonians, 62 nd st John Fusiliers (new Brunswick) The young ladies wear "uniform" styled on that on the current military fashion, including the wide- brimmed slouch hat: however this practical head dress was never intended to be balanced precariously atop an elegant coiffure! The officer wearing the 62nd mess dress and forage cap (bearing a grenade over the regimental number) appears slightly bemused by the presence of so much martial beauty!"
Trovare la versione cartacea del manuale sarebbe una manna dal cielo: è letteralmente ripieno d'illustrazioni di reparti paramilitari e dell'esercito inglese, spesso assai curiose: si passa dal puro orgoglio britannico nelle tradizionali divise rosse in Africa, a foto di reparti "inglesi" di soldati cinesi, al tempo della ribellione dei Boxer.

Ritornando alla foto: la divisa è accertata come gonna lunga, tunica a collo alto, e quel cappello chiamato Slouch Hat, dalle larghe falde, utile per proteggersi dall'umidità e dal sole. La cosa curiosa è il modo con cui viene calzato il cappello militare nella foto: appoggiato sulle 23, quasi fosse il cappellino alla moda della signorina per bene da Parigi. Molto grazioso *__*
Il reparto Amazonians è canadese; le armi sono (credo) fucili Martin- Henry.
Luogotenenti e ufficiali erano maschi, ma il resto del reparto era interamente femminile.

Se trovate altre informazioni al riguardo, o avete correzioni sull'uniforme, commentate, che sono curioso.

Così su due piedi, la compagnia Amazonians sembra un ottimo modello per un racconto che ruoti attorno al concetto di Amazon brigade ^^

sorelle guerriere: esempio di amazon brigade...diverso

domenica 10 giugno 2012

Benvenuti all'Accademia


Donne, dirigibili e brutti contadini: XI

Nuovo capitolo. Un po' troppo lungo forse; e abbondano altri estenuanti dialoghi.
Come al solito, se state leggendo il racconto e avete qualche opinione da esprimere, esprimetela.
Se siete capitati qui per caso, beh commentate lo stesso, se vi va >_>

La carrozza aspettava al margine della strada, un blocco di velluto e metallo, le insegne dell'esercito dipinte sul nero della vettura. Uno dei due destrieri che la trainavano, un cavallo dal pelo bianco già annerito dallo smog, nitrì quando con secco colpo di frusta il vetturino scese. 
"Un costoso giocattolo per le alte sfere" pensò Katherina.
Il vetturino arrotolò la frusta, l'appese alla cintura, tirò indietro il cappuccio rivelando il volto di un vecchio, inciso nella pietra, tanto sembrava vecchio. 
- La signora Katherina, suppongo?- 
Non attese risposta, sbrigandosi ad abbassare la scaletta per salire nella carrozza. 
Katherina zoppicò a fatica verso l'entrata, la stampella che continuava a lussarle la spalla. 
Congedata. Alla fine l'avevano lasciata andare, abbandonata all'entrata dell'ospedale. Aveva perso il numero delle scartoffie burocratiche ch'era stata costretta a firmare. E la predica del sindaco sulla "responsabilità civica"? Dovere morale? Incidente imbarazzante? Perchè era chiaro, anzi cristallino come si fosse trattato di un deplorevole incidente, aveva chiarito con ghigno mefistofelico il senatore.
La povera infermiera, oberata per il troppo lavoro era scivolata, e da lì la tragica caduta. Nessun parente diretto che ficcanasasse, grazie a dio. Dopo tutto, pensò Katherina, facile rimpiazzare un'infermiera, ma un capitano di dirigibili? Merce rara!


Tissot, pittore di noiose donnine borghesi

martedì 5 giugno 2012

Falla soffrire: maltrattare i propri personaggi


L'E3 losangelina sta ormai diventando, dal luogo di un tempo, sede di mirabolanti annunci e nuove interessanti novità, fiera del cafonaggio videoludico, dove fra cosplay, donnine poco vestite e (in)volontarie figuracce di sviluppatori e presentatori risulta l'ilarità a farla da padrone.

merdavigliosa^^
Anyway risultavo interessato solo a due titoli: Dishonored, rilancio dello steampunk albionico, trionfo barocco della Arkham studios; Tomb Raider, miracoloso reboot di un'Ip che si andava perdendo in un continuo riciclo di temi abusati a oltranza. Dishonored... non ha ancora svelato le sue carte.
Lara invece... Lara non delude mai. Non si può infatti non apprezzare il lavoro svolto dietro la maschera della pettoruta eroina. Dal personaggio bidimensionale delle sue ultime incarnazioni si è infine recuperata una dimensione "umana": la nuova Lara ventenne è una mocciosa, cacciata in una situazione ai limiti dell'impossibile, immersa a forza in un enviroment letale, crudele, affilato come le zanne di un lupo.
Il nuovo trailer enfatizza tuttò ciò in una sequenza di cut scene l'una più violenta e "viscerale" dell'altra, cacciando la protagonista in un'escalation di sangue e corpi spezzati. In ordine abbiamo:
  • Graffi, contusioni, tentato rogo
  • Caduta da considerevole altezza, con tanto di scheggia dritta negli organi interni
  • Fame, sete, sporcizia, solitudine
  • Caccia
  • Tradimento, tagliola nella gamba (!), rapimento


Gli sceneggiatori hanno fatto un buon lavoro? Sì, dannazione, sì! Aggiungere conflitto su conflitto è fondamentale in una storia che voglia essere avvincente; più soffre il personaggio, più gli siamo vicini, proviamo quella meravigliosa empatia che ci porta all'immedesimazione nel protagonista.
In quei pochi minuti di trailer Lara viene letteralmente sommersa di conflitti, di dolore, di ostacoli:
la simpatia scatta immediata.

E tuttavia non basta. Nell'ambito di romanzi e racconti, aggiungere conflitti su conflitti è relativamente facile, farli sentire... Well, questo è un altro discorso.
Una delle ragioni per cui Lara sembra da quanto visto promettere bene, è l'ottima sensazione di dolore che si accompagna a ogni fotogramma. Il dolore lo si sente, lo si percepisce, filtra dal video. Non conta dunque solo il conflitto, conta farlo sentire, il più possibile, descrivendolo con maggior accuratezza possibile.
Potete aggiungere quanti conflitti desiderate, ma se il lettore rimane esterno alla materia narrata, se si limita a leggere con un ghigno sul volto le sventure che abbattete sul protagonista, è tutto inutile.

Se ne incontrano a bizzeffe di esempi simili, nel mondo dei forum di scrittura.
Ricordo un concorso di racconti horror a cui partecipai quando avevo dai quindici ai sedici anni: io come molti altri mettemmo in campo torture e squartamenti a gogo al punto che i professori rimasero genuinamente disgustati, ma in nessun caso, proprio nessuno si percepiva la benchè minima empatia.
In breve sembrava di leggere un quadro astratto, in cui sangue e budella erano solo tinture con cui divertirsi. Recentemente il protagonista di un mio vecchio racconto si rompe il braccio, ma sono io il primo ad ammetterlo, in quel punto è difficile provare la benchè minima preoccupazione. Non c'è empatia. O partecipazione. Descrivo:
"Provò un dolore lancinante al gomito, storto all'incontrario. Un filo di sangue colava dall'osso frantumato. Non aveva mai provato un dolore tale".

Cosa comunica, "dolore lancinante"?
O l'infelice espressione "Non aveva mai provato un dolore tale".
Un cazzo.
Non comunica proprio un cazzo.

A questo punto sarebbe divertente inserire uno dei consigli di Chuck Palahniuck, che a proposito del dolore scrive "Ricorda: laddove la persona normale piange, lo scrittore prende nota".
Che inserito nel nostro contesto lascerebbe sottintendere che risulta certo più facile descrivere quanto già si conosce, che si assapora giorno dopo giorno. I miei dolori ai denti, for example. O il petulante mal di testa dell'amica. Consiglio tanto figo quanto inutile, considerando che in racconti e romanzi, non viene riprodotta la banale, grigia quotidianità, ma realtà diverse e ben più interessanti.

Insomma, descrivere il dolore, far concretamente "sentire" il conflitto, rimane un grosso, indigesto ostacolo. E voi scrittori- lettori? Come vi regolate con dolore e conflitti? Quand'è stata l'ultima volta che avete provato qualcosa nei confronti di un personaggio letterario, che non sia totale indifferenza?

Fonti:
Un ottimo articolo sull'importanza di far soffrire i personaggi, del buon Fantasy Eydor