giovedì 20 dicembre 2012

Lo Hobbit- Recensione


The Ballad of Bilbo Baggins
Compito difficile, questa recensione.
Considerando con attenzione la parola recensione, prescindere da un intrinseco ideale d'estrema oggettività è alquanto difficile. La recensione non esprime pareri, giudica. Non è una riflessione buttata al momento, è una condanna-promozione; e in questo senso scelgo di solito titoli più "morbidi" della semplice parola "recensione". Ma in questo caso, scrivendo l'articolo, mi sono accorto che stavo giudicando, e giudicando anche in modo piuttosto forte, per cui ho alla fine scelto questa parola.

Peter Jackson aggiornato alla versione 2.5.  o___O

All right, Lo Hobbit, un viaggio inaspettato. Iniziamo.

Che dire? Partiamo dalla trama, che nelle sue linee generali non si discosta dal libro quanto temevano i puristi tolkeniani. Non abbiamo personaggi inventati ex novo, non abbiamo nani che cavalcano cinghiali (ma in cambio, un drogato con una slitta trainata da conigli, sì!). Non abbiamo gnocche elfe slegate dal contesto, non abbiamo un linguaggio tolkeniano stuprato dall'americanismo parolacce+semplicità+frasi ad effetto.
Il lavoro di adattamento è, a mio personalissimo parere, una tacca più in alto di Isda, sia per il carattere profondamente fiabesco dell'ambientazione, sia per una certa rilassatezza che Peter Jackson dimostra nel girare le scene.

Come da gloriosa tradizione di ogni fantatrash che si rispetti, la trama ruota attorno alle disavventure di un piccolo gruppo d'avventurieri scalcinati, impegnati in colossali imprese contro the empire of evil. Questo sarebbe un punto a sfavore, se non fosse che Lo Hobbit involontariamente decostruisce molti degli stereotipi alla base del genere. In primis, manca il politically correct di un gruppo multiforme e multietnico, che abbraccia un po' tutti: cinesi, negri, elfi, nani, italiani (brutta razza!), hobbit... ecc. La "compagnia" de Lo Hobbit è un sudicio gruppo di nani, che appaiono fin da subito come un gruppo bizzarro e umile, ma pur sempre omogeneo dal punto di vista etnico. Come osserva Balin nelle primissime scene, i compagni di Thorin Scudodiquercia sono giocattolai, fabbri, vecchi guerrieri, giovani che non hanno mai combattuto (Fili e Kili), ma tutti nani, e tutti provenienti dall'identica comunità d'origine (Erebor). In secondo luogo, Bilbo Baggis stesso è accolto male, mal sopportato, spesso incompreso. Non c'è quell'identico feeling di cooperazione estrema che si avvertiva nella compagnia dell'anello, dove tutti andavano d'amore e d'accordo. Certo, tensioni forti non ce ne sono; ma non si può negare che nei rapporti con le altre razze, i nani siano una bella boccata d'aria fresca, nell'atteggiamento di continuo sospetto e (giusto) razzismo. Jackson delinea con una certa abilità rapporti interpersonali* che giocano molto sulla diffidenza e sul raggiro; sia nel contratto che si propone a Bilbo, "forzato" di fatto alla scelta dal mobbing di Gandalf e soci, sia in generale nell'atteggiamento di Mithrandir che appare e scompare come gli pare, aiutando come un deus ex machina, ma al contempo manovrando fili della trama che ben pochi avvertono- solo Galadriel, essenzialmente. Non voglio arrivare a dire che il film mostri tradimenti e lotte di potere, anzi: ma sia il Bianco Consiglio che in generale Gandalf mostrano una psicologia decisamente approfondita.

In secondo luogo, lo hobbit non descrive la distruzione di un mortale nemico, l'uccisione di un'apocalittico signore del male, ma più banalmente, un saccheggio, una ruberia, un furto. Non vogliono i nani uccidere il drago; ma penetrare a Erebor, e come spesso si lascia intendere, (ri)appropriarsi di ogni ricchezza. Una chiara idea di come gestire il drago, non c'è, anzi il fatto stesso che manchi da oltre sessant'anni viene salutato come la notizia che sia scomparso. Forse solo Thorin presenzia che "non sarà così facile".
Bilbo stesso, viene assunto in veste di "scassinatore". Un ladro, insomma, e non dei più rispettati.

Nell'insieme ritengo che Jackson abbia svolto un buon lavoro nel caratterizzare i nani, considerando l'ENORME numero. Già in Isda ricordavo con vaga ripugnanza che i meno avvezzi a Tolkien continuavano a confondere i nomi degli hobbit, distinguendo solo Sam (quello grasso!) e Frodo (il protagonista spaventato con gli occhi azzurri! Sic). Ne Lo Hobbit per forza di cose il problema raddoppia, e domina una certa tendenza alla macchietta. Se Thorin risulta un buon protagonista, e Martin Freeman un ottimo Bilbo, lontano da certe esagerazioni di Elijah Wood, si stenta a ricordare ogni nano come un personaggio a se.


Balin diventa il secondo di Thorin, Bombur il cuoco grasso, Bifur "il nano con la piccozza in testa", Bofur il nano simpatico che suona il flauto, Kili il nano arciere (Nanegolas?), Fili il compagno di Kili, e così via...

E' un lavoro certo imperfetto, ma comunque un passo in avanti rispetto a Tolkien, che ricordo non esitava a gettare in faccia al lettore i nomi dei nani alla rinfusa fin dall'inizio, senza troppi patemi di confondere il lettore. Quando per motivi di tempo non si concedono battute ad alcuni nani, si preferisce puntare alla caratterizzazione di vestiario e armi, in tal senso sicuramente azzeccata: ogni nano ha la sua arma, il suo cappello/barba/armatura a distinguerlo. E' un lavoro per alcuni versi ardito, perchè si discosta dall'immaginario norreno e decisamente stereotipato del nano fantasy tutto ascia e armatura e cuoio; anzi in più scene, in particolare all'inizio, quando Dale viene attaccata, i vestiti "civili" di nani e umani riflettono influenze orientali (tartare? Delle steppe? Qualcosa del genere) che sono un bel passo in avanti.
Tirate un sospiro di sollievo. Siamo scampati a un doppio pericolo: il desiderio dei bimbiminkia malati di Mmmorpg che concepiscono i nani solo come botoli corazzati ubriachi di birra che usano solo le asce (sic) e al contempo la volontà- di ferro?- dei puristi tolkeniani di vedere nani tali e quali come Tolkien li descrive, dunque (cito): 

<< Era un nano con una barba blu infilata in una cintura d'oro, e occhi vivacissimi sotto il cappuccio verde scuro >>

Barbe blu? Sul serio, barbe blu? I Valar siano ringraziati, Peter Jackson ha la sua idea di "nano" e segue solo quella, senza lasciarsi influenzare troppo dal testo tolkeniano.
E non si può inoltre negare che sia finalmente una liberazione vedere un nano brandire un'arma adatta alla sua taglia, e cioè non una gigantesca ascia bipenne, ma una mazza, un bastone o nel caso di Thorin, una spada corta.

Analizzati e promossi nani e hobbit, passiamo dalla parte del Male, volete?
L'orco albino è una bella invenzione (?) , aggiungendo quel nemico mortale che ci voleva a lo Hobbit; un malvagio con le sue motivazioni, un po' banali forse, ma è pur sempre un inizio! Un aspetto sicuramente indovinato, e in ultima analisi una nemesi chiara fin dall'inizio.
Il re dei goblin è... Sicuramente non è come me l'aspettavo. Già il merchandising lasciava indovinare un look decisamente "originale", ma vedere questo gigantesco goblin passato al Mc Donald declamare una canzone in rima tale e quale nel libro, mi ha lasciato perplesso; e concordo con la valutazione di Gorkrund del forum gw tilea, che lo definisce "l'amico ciccione (ma stronzo) delle elementari". Non vedo l'ora tuttavia di agguantare il doppiaggio inglese del film, che nel caso del re goblin vanta la voce di Barry Humphries, sicuramente una presenza d'eccezione.


Warg e orchetti dimostrano l'evoluzione della tecnologia, e si ripresentano con trucco rifatto; i warg non sono più- finalmente!- gigantesche iene, ma lupi veri e propri; i maghi della Weta hanno invece rifatto totalmente i goblin delle montagne nebbiose, che si presentano come selvaggi cavernicoli, più simili ai Morlock della macchina del tempo di Wells che ai vecchi orchetti di Moria in Isda. In particolare hanno distanziato nasi e orecchie, accentuando l'aspetto di mostro, e allontanandosi da certe soluzioni "a maschera di gomma" che dominavano invece in Isda.

E poi c'è Radagast.
Dopo aver visto per due volte il film, ancora non comprendo se questo personaggio sia riuscito o meno; poi dopo esser uscito barcollando dalla sala – tre ore di durata, e meno male ch'è stato diviso in tre parti! - sono rimasto folgorato da un'intuizione. Com'è possibile che un regista di film trash ormai di culto, come Bad Taste e Splattersi gli schizzacervelli, sia passato a girare una trilogia come Isda?
A mio parere, Peter Jackson possiede un grande senso dell'autocontrollo  per cui riesce a mantenersi spesso serio; ma ogni tanto la follia dei primi film filtra inarrestabile e come conseguenza, vengono partoriti personaggi come Radagast. Un mago fatto di funghi allucinogeni, con un nido in testa e che viaggia su di una slitta trainata da... Conigli (o lepri: mai capita la fondamentale differenza). Cioè, intendiamoci, le battute che pronuncia le adoro e nell'insieme io e Radagast saremmo ottimi amici: ma avevo spesso la sensazione che il mago bruno fosse completamente sfuggito al controllo del regista, in fatto di carisma grottesco.

Ahh che buono, il caro vecchio Tobia! ^___^
Nella trama e nei dialoghi, come già accennato, Lo Hobbit convince molto; sia nell'incipit lento, ma decisamente evocativo, sia nella fedeltà all'adattamento tolkeniano, che cita frammenti di dialoghi e canzoni tali e quali nel libro, alleggerendo il tutto con spacconate varie e siparietti comici che nell'insieme funzionano bene. La trama parallela del Bianco Consiglio contro il negromante di Dol Guldor è appenna accennata, e non stona nel contesto; forse si farà maggiormente sentire nel secondo film. Non ci sono femministe inserite a forza per ottenere il bollino "politically correct" e dominano in cambio dall'inizio alla fine splendide barbe e continue fumate di pipa.
E scusate se è poco.

Ovviamente ci sarà a chi, inevitabilmente, il film non piacerà.
Ai fan di GoT, innanzitutto, che premiano un fantasy solo se presenta sesso, sangue&corpi spezzati; tradendo così l'autentica innovazione di George RR martin, e cioè saper creare personaggi dalla psicologia complessa e intricata, umani e in questo senso "vivi".
Non piacerà ai puristi tolkeniani, come ai sessantenni e agli adulti troppo seri, perchè non mancano gustose americanate, come la gara di rutti, o i giganti delle montagne.
Non piacerà ovviamente ai bimbiminchia, che lamenteranno le scene troppo lente, i nani che non usano l'ascia (OMG!!!) e si lamenteranno che " Tolkien ha copiato da Harry potter! Ma Harry è più fiko! " (facepalm) Oppure che " Il drago è come in Skyrim! Copioni, copioni! " (Doppio facepalm).
Piacerà invece a chi ha buon gusto, e in definitiva a chi aveva apprezzato la prima trilogia.
E poi l'ammetto, quando Bilbo vede per la prima volta Granburrone! O quando compare Galadriel!
Sono rimasto senza fiato dalla nostalgia, e nella sensazione di tornare, tornare sul serio! In un luogo che avevo ormai dato per morto da tanto, troppo tempo.
Bentornata, Terra di Mezzo.



Fonti: le immagini sono rubacchiate un po' ovunque, mentre un'interessante opinione sul lavoro di adattamento di P. Jackson è questa: Radagast and Rabbits: Why we should all just calm down. 
Tv tropes come sempre mostra gli stereotipi alla base e fornisce svariate informazioni interessanti; ad esempio l'accento inglese dei nani, scozzese in alcuni casi, gallese in altri, ecc ecc  
Per il resto il film "Colpi di fulmine", ha ricevuto dai recensori italiani voti più alti che Lo Hobbit, e già solo questo dato mi convince che viviamo nella Repubblica delle Cazzate.
Ai dubbiosi, colgo l'occasione per citare l'invito di Gandalf a Bilbo, di abbandonare libri e mappe, di guardare fuori dal cortiletto di casa, aggiornato al ventunesimo secolo di chiudere facebook, chiudere la pagina Internet con cui mi state leggendo e uscire, prendere un biglietto al cinema e giudicare coi vostri occhi.

* Stavo per scrivere "umani" (sic).  


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