mercoledì 20 gennaio 2016

La Disneyland Lovecraftiana di Claudio Vergnani


Secondo il filosofo Baudrillard, Disneyland è presentata come un luogo “immaginario”, un parco giochi artificiale, ma in realtà è tutta l'America a essere artificiale e infantile, esattamente come Disneyland, la cui esistenza, simbolicamente, serve a nascondere l'inganno perpetuato dal parco giochi. Allo stesso modo, il carcere, al di là della sua ovvia funzione detentiva, serve per nascondere che in realtà è l'intera società a essere carceraria, nei suoi obblighi e regole di cui è intessuta.
Abbiamo dunque nei due esempi citati due luoghi che sono presentati come “eccezioni”, ma risultano in realtà simbolo di una condizione pre esistente, nel primo caso l'infantilismo e l'irrealtà della società statunitense, nel secondo caso il carattere detentivo e punitivo della società moderna.
Il testo cui faccio riferimento – e che sto orribilmente generalizzando – è Simulations (1983) e sembra stranamente bene adattarsi al romanzo di Claudio Vergnani Lovecraft's Innsmouth.

Il nucleo sia della novella iniziale pubblicata nel ciclo Cthulhu Apocalypse che nel romanzo vero e proprio è il parco giochi di Innsmouth. Costruito sull'esempio dell'omonimo racconto del Solitario di Providence, è un vasto villaggio fatiscente, in cui comparse camuffate dai mutanti/abitanti fingono di terrorizzare i turisti, mentre si mimano le diverse fasi del racconto. Dalle offerte a Dagon, al sacrificio (in questo caso di una bella fanciulla, abile attrice), all'irruzione dei mostri nelle camere dell'albergo. Al contempo, a tanta serietà corrispondono i feticci di ogni buon parco giochi: dal ristorante, al bar, ai negozi di souvenir, alle camere con wi fi nell'albergo solo in apparenza malmesso e putrido ecc ecc
Il parco vuole ricreare a beneficio degli appassionati di H.P. un'atmosfera autentica e fedele all'opera originaria, non risparmiando alcun dettaglio per quanto truculento od eccessivo. Al contempo, nessun luogo d'intrattenimento può privare il visitatore occidentale dei suoi amati non-luoghi, quale per l'appunto il ristorante già citato. Inoltre, l'esasperata ricerca dell'iper realismo di quella che tuttavia è un'opera “di fantasia” si scontra con la necessità di smussare gli angoli, evitando ogni possibile inconveniente o pericolo per il cliente pagante: i vetri rotti sono in realtà smussati, le armi sono di gomma, le zone pericolose lungo la scogliera recintate, l'appartamento lurido l'atrio di una nascosta stanza d'affitto iper accessoriata ecc ecc
Si forma già un paragone col discorso su Disneyland di Baudrillard: Lovecraft's Innsmouth vorrebbe essere niente più che un parco divertimenti, ma il suo realismo, il suo “prendersi sul serio” smentisce questa finzione e proclama a gran voce l'esistenza di una Innsmouthreale”. Sarebbe per altro d'approfondire come un ciclo, quale I Miti di Cthulhu, totalmente inventato, venga dal parco giochi preso tanto sul serio. E' come se, in virtù del successo di Lovecraft, quanto abbia scritto non sia più un'opera di fantasia, ma una descrizione di un luogo esistente, da replicare con piglio di storico attento alle fonti.
A romanzo ormai inoltrato, senza far spoiler, il personaggio di Claudio, essendo la parte “riflessiva” del duo, se ne rende presto conto:
E, al di là di questo, quel posto mi dava la sensazione di essere sempre sul punto di rivelarsi, magari mostrando una realtà verminosa sotto la patina innocua, ma senza farlo mai davvero. Un luogo che, per far soldi, fingeva di essere un altro posto e che magari, alla fine, era proprio quel posto. A meno che tu non chiedessi in giro, naturalmente. Nel qual caso tutti a giurare e spergiurare che si trattava solo di una baracconata.

Ovviamente, dove il paragone funziona al suo meglio è quando si osserva che alla Innsmouth finta, corrisponde una Innsmouth reale. Sulle stesse sponde del Massachussets su cui è stata costruita questa baracconata, giace discosta la Innsmouth reale, un catalogo di catapecchie e grotte. Eppure Vergnani fino all'ultimo, fino al termine del romanzo, rende la Innsmouth “finta” molto più reale del reale della Innsmouth esistente per davvero. E' un colpo di genio: il prodotto del turismo, “finto” è percepito dai protagonisti come più reale del reale, come una finzione che meglio si adegua alle loro aspettative. L'intera scoperta della Innsmouth “nascosta” è un anticlimax che solo per un guizzo (di mano palmata?) verso la fine ritrova un po' di tensione, di antico terrore. Il messaggio resta però chiaro: l'attrazione turistica supera l'attrazione orrorifica, il reale virtuale (messo in scena, filmato, preteso da un pubblico pagante) supera il reale reale dei mostri e dei tentacoli, che non sembrano avere altrettanta efficacia.
L'immediato corollario del romanzo è che come nella serie di Providence, di Alan Moore, il pantheon lovecraftiano pur rimanendo alieno e terrificante, è descritto con termini più benevoli. L'intero apparato di cosmiche entità si rivela per terrorizzare il duo di Claudio&Vergy, agita i suoi tentacoli, le sue mostruose appendici, ulula i suoi richiami e i suoi gridi subumani, gocciola e inzacchera i polverosi antri infestati. Tuttavia, Claudio è più impietosito che terrificato e nonostante non prevalga dall'inizio alla fine nessuna soluzione anacronistica e pacifica, si guarda a Dagon e ai suoi seguaci con maggiore empatia del solito:
No, non suscitavano terrore, rabbia e aggressività, ma compassione. Nei loro occhi permaneva una scintilla che nessun patto demenziale e ultraterreno era riuscita a spegnere.
Non potevo sapere quanta consapevolezza della passata umanità fosse rimasta nelle degenerate caricature che si riversavano a frotte nella caverna, ma non potevo fare a meno di pensare che, se avevamo ora di fronte dei carnefici, questi erano stati prima di tutto delle vittime.

Questo gioco di scambio delle parti (tra mostri e vittime, e luoghi reali e attrazioni turistiche) prosegue anche sotto il profilo narrativo.
Il romanzo di Vergnani è infatti la versione estesa della novella già pubblicata un anno prima. Anziché tuttavia scrivere una storia ex novo, o come immaginavo, continuare dal finale aperto del primo, il romanzo di Lovecraft's Innsmouth ripercorre nel suo primo terzo le vicende già narrate.
E' in realtà una scelta interessante, perché se le scene rimangono le stesse, sono a volte riscritte, a volte arricchite con nuovi dettagli. La lettura, almeno per il sottoscritto, diventa così una caccia all'intruso, confrontando mentalmente cosa è stato tolto, cosa è stato aggiunto. La prima scena nel cantiere è pressapoco simile, ma risulta meno trascinata e i paragoni di Claudio più naturali (e spassosi, naturalmente). Prima di entrare a Lovecraft's Innsmouth compare una sala d'attesa e qualche riga in più è fornita dalle (inutili) descrizioni di quale cibo stia trangugiando Vergy. 
In generale ogni capitolo è arricchito, rispetto alla novella, da più battute e più metafore spicce per divertire il lettore: l'effetto è piacevolmente grottesco, anche se a volte talmente protratto da distogliere l'attenzione dalle vicende. Un esempio emblematico:
Quando scendemmo dal Mercedes, il cuore mi cadde dal petto e mi rotolò direttamente sulla strada. Estrasse una piccola vanga da un ventricolo e prese a scavare nel fango per scendere ancora più in basso. I testicoli lo seguirono dappresso. Attesero che si gettasse nel buchino che si era fatto, poi saltellarono dentro con lui.
L'albergo Gilman era un autentico cesso...

Delle nuove scene di questa versione “rimasterizzata”, ho apprezzato in particolare la scena nel vicolo, quando Vergy è alle prese con quanto ritiene un banale effetto speciale via audio. Senza svelare nulla, è interessante come sia possibile inquietare il lettore più con dei rumori e un auricolare, che con incolori descrizioni dei soliti mostri tentacolari.

Speciale su Lovecraft dell'Heavy Metal Magazine, ottobre 1979
Paradossalmente il difetto maggiore non è nella prima parte, dove si ripercorre quanto già letto (almeno da molti...) piuttosto nell'immediato seguito quando, dopo essere fuggiti da Innsmouth, Claudio e Vergy riposano e discutono nel rifugio del loro patrono, il prof Brandellini. Non siamo che a metà del romanzo, ma l'intero capitolo sembra molto più lungo e noioso. Essenzialmente, sia Claudio che Vergy ciondolano in giro, mangiano, praticano attività fisica e recitano la parte da loro prevista dall'autore, cioè di eroi riluttanti a mettere in pericolo le loro vite per qualcosa di diverso da una congrua somma di denaro. Vergnani, qualunque sia la situazione, si salva sempre grazie a un umorismo così affilato che ci si può fare la barba: resta però che, tolte le battute, sembra un intermezzo superfluo, che aggiunge davvero poco alla storia principale.
Chiusa la parentesi “civile”, il romanzo ritorna facilmente in carreggiata tornando al vero centro dei divertimenti, sia per il lettore che per i turisti, ovvero Innsmouth. Il romanzo allora, conforme all'impianto ludico dell'intero romanzo, mette in campo una black ops degna di uno sparatutto, dove Claudio e Vergy scendono livello dopo livello nelle viscere del maledetto villaggio.
Senza svelare spoilerosi dettagli, è apprezzabile la cura nell'equipaggiamento e nell'uso dello stesso, dalle armi da fuoco, alle arrampicate, agli scontri corpo a corpo. Il duo protagonista recita quelle battute anni '80 che i fan amano tanto, ma l'intera vicenda resta abbastanza verosimile. Ottima, ad esempio, l'intuizione di quale (semplicissima) arma sarebbe in realtà letale contro i bagnati e fradici uomini pesce di Dagon...

Alla fine di questo rollercoaster di montagne russe (pardon, del New England), la semplice verità è che leggere Lovecraft's Innsmouth diverte. Non si vede l'ora di voltare la pagina per scoprire la prossima battuta di Vergy, la prossima azione di Claudio... non è nemmeno merito dell'umorismo soltanto, altrimenti vi starei consigliando un ricettario di barzellette. E' il modo con cui i mostri, gli eroi e l'ambientazione finiscono assieme, senza alcuna forzatura, con un modo di scrivere dell'autore volutamente rilassato, che non sembra sforzarsi di fingere lessici inutilmente ricercati (la parola più complicata è cifotici) ma nemmeno di diluire il lessico fino a scrivere come un neanderthal a un idiota. 
Volendo, dal cosmicismo lovecraftiano – assente – all'esistenzialismo spicciolo – tutto si riduce ai soldi – ai riferimenti politici – il senatore - ce ne sarebbe di che criticare, ma di fronte a una lettura così piacevole... che posso dire? Sono difetti su cui soprassiedo ben volentieri.

Aspettiamo pazienti le prossime avventure di Claudio&Vergy, consapevoli che per due italiani in cerca di lavoro quali sono, di mostri ne avremo sempre in abbondanza...  

Fonti: 

2 commenti:

claudio ha detto...

Molto puntuale e interessante. Esiste ancora gente seria in grado di esaminare seriamente un testo.
Grazie

claudio v

Coscienza ha detto...

@Claudio

Di nulla, per molti è una fatica esaminare "a fondo" un testo, ma io lo trovo un esercizio stimolante. In questo caso il paragone con Baudrillard è più una suggestione che una tesi precisa, ma ritengo che funzioni.
Spero di vedere a presto le avventure precedenti di Vergy in formato ebook!
Ti ho scoperto purtroppo poco prima della chiusura della Gargoyle... :)